ZU DANIELE
Ho conosciuto zu Daniele agli inizi degli anni ‘60 attraverso una foto appesa al muro dell’osteria di famiglia. Aveva una camicia bianca e un grande crocifisso madreperlato al collo. La sua tormentata storia l’ho appresa dai frequentatori dell’osteria che l’avevano conosciuto.
Ve la propongo così come la racconta Giovanbattista Maone nel suo libro LA MEMORIA:
Si chiamava Giuseppe Daniele Fabiano e nacque a Savelli nel 1857 da genitori entrambi analfabeti. La mamma si chiamava Tranchè Benedetta, certamente proveniente da qualche lontano paese, giunta a Savelli prima dell’Unità d’Italia.
Daniele faceva il pastore e doveva avere la maggiore età (1878/79), quando nel territorio di Savelli fu ucciso un uomo.
Come Daniele raccontava,fu imputato di quel delitto perché i Carabinieri constatarono che il pastore indossava i vestiti dell’ucciso.
Arrestato,negò di essere l’omicida , asserendo di avere trovato per la campagna quegli indumenti e di averli indossati senza pensare che potessero essere del morto.
Fu pure fermato il padre, per cui per poter scagionare dai sospetti il genitore, Daniele si autoaccusò del delitto, senza averlo in effetti consumato.
Fu così che il padre fu scarcerato e lui fu condannato all’ergastolo.
Se la ricostruzione è esatta Daniele dovette passare 30 anni in galera. Lui stesso diceva di essere stato a Piombino e di avere avuto le “palle” ai piedi. In seguito a ciò acquisì l’abitudine di camminare a brevi passetti e a gambe divaricate
Pare che potè lasciare il carcere durante la prima guerra mondiale poichè vi fu una disposizione che gli ergastolani potevano riacquistare la libertà arruolandosi negli “Arditi”.
Così fece lui.
Finita la guerra, salvata la pelle, tornò a Savelli, si sposò con Fazio Angela Rosa, abitando prima in Via Roma 187, poi in Via Giotto 11.
Si è anche detto che Daniele sarebbe stato liberato perchè il vero omicida avrebbe confessato le sue colpe.
Tornato a Savelli riprese a fare il pastore nei dintorni dell’abitato.
Verso gli anni ‘30 abbandonò gli animali per fare il sacrestano.
Infatti espletò con devozione e con diligenza questo compito collaborando con l’Arciprete Don Antonio Maone.
Malgrado i rigidi inverni, passava non solo il giorno ma anche le notte in Chiesa dormendo su un modestissimo materasso sul pulpito ligneo che si trovava nella navata centrale della Chiesa.
Diligente in tutti i suoi adempimenti, dava i segnali quotidiani, Mattutino, Angelus e Ave Maria.
Spesso faceva il Diacono o il cantore, sapeva leggere e scrivere , faceva da testimone alle cerimonie che si svolgevano in Chiesa. Cordiale e sorridente ma non molto disposto al dialogo, forse per non dover raccontare la sua amara storia.
Come segno distintivo del suo lavoro portava un grande Crocifisso che gli scendeva sul petto, come quello dei vescovi.
Continuò il suo lavoro per molto tempo, quando il 30 maggio del 1941 le campane del mattutino non suonarono per annunciare il nuovo giorno, qualcuno, scherzando, disse
che Zio Daniele si era addormentato. Infatti si era addormentato per sempre a 84 anni.
La foto di ZU DANIELE non sono più riuscito a trovarla.
Che bella storia! Non l'avevo mai sentita. Attendo la prossima. Bravo Pierino!
RispondiEliminaNon la conoscevo. Chissà quante altre storie hai da raccontarci...
RispondiEliminaBell 'idea.
RispondiEliminaPeccato non poter contribuire a riscoprire vecchie storie del tuo bellissimo paese.