A RUGA (IL VICINATO)
Col desiderio e con la speranza, vista l'imminenza delle ferie, di poter ritornare a Savelli e rivedere la propria "ruga" e i "rughitani", voglio parlare di questo piccolo spazio di paese che ciascuno porta dentro di sé, perché rappresenta il vissuto di ciascuno, il luogo dove ognuno ha incominciato a giocare, ha maturato le prime esperienze e le prime relazioni.
L'amico Francesco Ausilio nel ricordare i momenti giovanili così inizia la sua canzone la "RUGA MIA":
"A chissa ruga io cce signu natu,
a chissa ruga io cci'aju jucatu,
a chissa ruga io cce signu crisciutu"
[...]
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Anni 70 - Zona Conca d'Oro |
Il poeta Tommaso Fazio nella sua lirica ricorda i momenti passati nella sua via con dei versi semplici ma efficaci che sembrano scatti fotografici:
VULÉRA
"Vuléra n'atra vota 'a ruga mia
e chillu punu e amici pe' jucare,
jurnate sane, pierzu ammienzu a via,
e l'ura me scurdera d'u mangiare" [...]
VORREI
"Vorrei ancora una volta il mio rione
e quel gruppo di amici con cui giocare,
giornate felici, così immerso nel gioco in mezzo alla strada
da dimenticare il momento del mangiare" [...]
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Anni 50 - Bambini dietro la Chiesa Madre |
Pare che la parola "ruga" derivi dal francese rue (via). Per noi savellesi significa un piccolo largo, una strada, un angolo di una via, un rione ma principalmente accomuna persone che abitano vicino, quindi il VICINATO.
In essa, le persona che la abitavano, vivevano con rispetto e con condivisione per cui "U RUGHITANU" (vicino di casa) sembrava rappresentare quasi un parente.
Nella "ruga" si raccoglievano gli uomini per discutere, le donne per chiacchierare, i bambini per giocare.
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Anni 60 - Rughitani nel rione Rinacchiu
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Anni '20 - "Rughitane" allu Rinacchiu
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Sicuramente era lo stato di necessità che spingeva il vicino di casa a compiere atti di altruismo e di disponibilità: a scambiarsi il pane fresco o la frutta di stagione, ad aiutarsi a portare le legna in casa, a confortarsi in caso di malattia, a prestarsi il denaro, a partecipare con sentimento ed eventi luttuosi. Comunque sia, si creavano situazioni che rafforzavano il senso di appartenenza alla PROPRIA RUGA.
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1979 - Rughitani in via Duca degli Abbruzzi angolo via Roma
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Non mancavano litigi e rivalità fra "rughitani", che, a volte, raggiungevano livelli anche forti e rancorosi, come non mancava la rivalità fra bambini/ragazzi appartenenti a rughe diverse.
Con tutte le contraddizioni, la RUGA sviluppava un senso di appartenenza, di compagnia e di solidarietà.
"A ruga mia è nna ruga bona, ca quandu me manca nnu pane,
nu jamu mprestamu e nessunu ne ricia de noni" (cit. Gino Gentile)
"Il mio rione è un rione dove ci sono persone disponibili, perchè quando non si ha il pane, si può andare a chiederlo in prestito e nessuno si rifiuta di darlo"
Il tempo ha forse un po' modificato questi concetti, però non li ha cancellati del tutto. Infatti, durante l'estate si formano gruppi e compagnie che cercano di rivivere quei momenti.
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Estate 2020 |
La poesia di Tommaso Fazio "LA CASA ABBANDUNATA" (LA CASA ABBANDONATA) fotografa chiaramente la situazione attuale delle rughe del paese, dove le porte chiuse e i cartelli "vendesi" danno un forte senso di abbandono e di solitudine.
CASA ABBANDUNATA
Scindiendu pe' na via r'u vicinatu,
na casa abbandunata m'ha parratu;
"Fermate, 'un te pigliare re paura,
rijuncate nu pocu, cchi bonura!
Te si' scurdatu 'e quandu quatrarielliu,
ti nde venie re mie, biellu biellu,
e aspettave, serutu allu scalune,
ch'a luce s'appicciava allu balcune?
O quandu te facìe na cantatella,
pe' birere affacciata la tua bella?
Mo' te vrigùogni, famme cumpagnia,
cùntame propriu tuttu, anima mia!
Tant'anni su'passati ch'un te viju,
rice chillu chi vue, ca me ricriju!"
'Ntr'e 'ngaglie r'i scaluni c'era l'erva,
alla banda r'a porta na viterva:
S'avia mangiatu u sule la vernice
e la porta ciangìa lacrime 'e pice! ,
re na finestra affaccia za' Maria,
se linchja tutta 'e luce chilla via:
"Figliuma, grazie re la visitella,
remane cci lu cuntu alla tua bella;
mo' te salutu, ca mi nd'aju 'e jire,
ma tu statti cuntientu , nun suffrire!"
"Aspetta, za' Marì , ca t'aju 'e rire,
aspetta n'atru pocu, 'un ti nde jire!
Ma za' Maria nun senta, è già vulata
r'u Patreternu, chi l'avia chjamata,
Sulu e sturdutu pigliu 'a via r'a casa,
trasu re corsa e me jiettu a na rasa,
mentre u pensieru curra e vola a tandu:
quandu r'u core tuttu era 'ncumandu.
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Anni 50 - U Cucinaru
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"Un PAESE vuol dire NON ESSERE SOLI, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è sempre QUALCOSA di TUO e che anche quando NON CI SEI resta sempre ad ASPETTARTI " (Cesare Pavese)
CHE RICORDI HAI DELLA TUA RUGA?
Scrivilo nei commenti.
Nota: E' stato aggiornato l'elenco dei nominativi della foto: "Emozioni in uno scatto - foto quiz n.1".
Vi invito a guardarlo.
Auguro a tutti buone Vacanze.
Ci vediamo a Savelli, e a Settembre di nuovo sul blog!
Leggendo la poesia “casa abbandonata” mi viene in mente l’ode del Carducci “Davanti San Guido” dove la voce dei luoghi giunge come un richiamo. Bella ! A proposito della ruga mi va di fare una riflessione: io sono cresciuta in centro paese, via Roma, tra le due piazze e, con dispiacere, non ho il senso della ruga intesa come sodalizio tra persone che condividono un posticino e che sentono più intensamente il richiamo: un legame di amicizia più stretto. Apprezzo chi ha avuto una “ruga” e mantiene vivo questo senso di appartenenza finché sarà possibile… io mi sento solo savellese😘 con il cuore e con la mente ricordo luoghi e persone ma soprattutto, sarà per l’età, vado indietro nel tempo e ritrovo la mia infanzia.
RispondiEliminaLa mia ruga, quanti ricordi... la mia era via Marina zona Fontana di Ceppe. Ci si conosceva tutti e ci si scambiava i prodotti dell'orto. Poi durante la stagione calda, ci si sedeva fuori e si raccontavano le varie storie, tutti sapevano un po' di tutto dei rughitani/e. Era come una famiglia allargata. Io, per esempio, mi ricordo che facemmo una squadretta, la San Calogero, e non essendo bravi per giocare al campo sportivo, andavamo al Boschetto. Di quella 'Squadra' facevano parte anche dei rughitani più grandi di noi ragazzotti che erano contenti di farne parte. Tonino Arabia
RispondiEliminaNell agosto del 1964 lasciai definitivamente la mia ruga per andare a vivere a Milano, nonostante avessi solo 10 anni, ho un infinità di ricordi che sono rimasti indelebili nella mia mente.
RispondiEliminaRicordo con infinita nostalgia tutti i miei compagni di giochi, per giochi intendo: u ciarchiau, u cannatiallu, u strumbulu, a carruzzella ccu lli cuscinetti, ecc...
Ricordo infine la mia affollatissima ruga visto che lì era ubicata la forgia di "mastro Pietro Sciaccone", molti venivano con asini, muli a ferrarli ed era sempre piena di gente.
Inoltre c'era a "putiga e Casciotta" anch essa frequentatissima. Ricordo questo via vai di persone che davano gioia e allegria.
Nonostante tutti questi anni non ho dimenticato niente di quei giorni ormai lontani, ma spesso affiorano nella mia mente episodi, aneddoti vissuti da tutti noi rughitani. "una grande famiglia" dove nelle sere gelide d inverno ci si trovava davanti al camino di una casa o dell'altra a mangiare e "ruselle" e per noi bambini era una gioia infinita.
quasi tutti coincidenti con i tuoi caro Pierinu......
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