LA MIETITURA
Nel mese di Luglio si va in vacanza: al mare, in montagna, sul lago. Adesso questa considerazione è assolutamente ovvia. Ma una volta i nostri avi quale preoccupazione avevano? Cosa facevano in questo periodo?
La risposta la troviamo nel libro "Savelli nella Tradizione e nella Storia" di Pericle e G.B. Maone che ci fa ritornare in un tempo ormai molto lontano che pochissimi ricordano. Parla di una realtà molto legata al mondo contadino e ai cicli della natura che, se rapportata ai momenti attuali, ci sembra lontana anni luce. Nello stesso tempo, però, ci fa capire il duro lavoro dei nostri avi e le difficoltà che hanno avuto nel rendere la terra dove vivevano ospitale e produttiva.
Le foto che ho inserito (archivio personale) rappresentano due momenti della Mietitura.
Nella seconda metà di Giugno e nella prima metà di Luglio nei campi iniziava la MIETITURA (1). A questo lavoro partecipava tutta la famiglia che si trasferiva in campagna lavorando intensamente.
Il terreno non consentiva l'uso delle macchine, pertanto tutto veniva fatto a forza di braccia.
Si ricorda la raccolta del "SEMINATO" per due motivi:
- per i particolari cibi che venivano consumati;
- per il modo di innalzare le biche (mucchio di covoni).
In questa occasione, per soddisfare il buon appetito di tutta la famiglia, il contadino staccava dalla trave un prosciutto, dal ripostiglio prelevava: formaggi, sarde salate e altri generi . Non mancava la bottiglia di buon vino e alcune bottiglie di aceto, usato per smorzare la sete durante la calura estiva.
Il contadino, che, durante il lavoro veniva aiutato da altre persone, prima di iniziare la mietitura indossava la "MANTERA", un grembiule di pelle che usava come protezione per evitare che i filamenti delle ariste (comunemente chiamate forasacchi, "perciasacchi") venissero a contatto con la pelle.
Per proteggersi le dita della mano sinistra dai tagli, che usava per raccogliere i mazzi delle spighe, il contadino metteva dei cannelli speciali. Impugnata la falce, tagliava le spighe, raccogliendole in mazzetti ("jèrmiti"), che, legati tra di loro con gli stessi steli del grano, formavano una "gregna" (mannello= fascio di spighe).
Le donne che seguivano il lavoro, raccoglievano le "gregne" e, quando era necessario, le rinforzavano con "torchie" (ritorte= corde fatte con fili di ginestra attorcigliati), poi le ammucchiavano e con ogni decina formavano i "cavagliuni" (covoni).
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Anni'50 - Donne addette alla raccolta delle "gregne" |
Questi ultimi, a tempo debito, venivano "carrati" (trasportati) sull'aia con una speciale slitta ("stragula").
Sull' aia tutti lavoravano intensamente, le donne, rosse in volto, improvvisavano canti , mentre il contadino sulla bica ("timugna"), ammiccando, cantava:
"Affacce , Rosa , e bbire la timugna,
cà l'haju 'ncignata quatra e moni e tunda...."
"Affacciati, Rosa, e guarda la bica di grano che io volevo fare a forma di piramide, invece è rotonda a forma di cono ( per l'abbondanza delle gregne)".
Terminata la mietitura ,in attesa della trebbiatrice, i contadini issavano sulle biche due simboli:
- una croce fatta di spighe;
- uno straccio rosso;
per salvaguardarle dagli spiriti maligni e dal fuoco.
Entrambi simboli di origine diversa, cristiana e pagana, ma associati per uno stesso fine.
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Anni '50 - La trebbiatrice in azione |
I giovani nel leggere quest'articolo rimarranno un po' sorpresi nel conoscere una realtà così lontana e così diversa da quella attuale.
I diversamente giovani ricorderanno con nostalgia il mondo contadino che ha caratterizzato la vita del nostro paese fino agli anni '60/70, che l'emigrazione e i cambiamenti socio-economici hanno completamente trasformato.
Ad entrambi affido eventuali riflessioni da fare nei commenti.
(1) - In Giugno nelle marine, si mietono i grani precoci; in luglio si continua la mietitura dei grani a ciclo normale. Successivamente, in Sila, si inizia la mietitura e la trebbiatura dei grani tardivi, MAIORCA e GERMANO.
Quanto lavoro duro e faticoso che hanno sopportato tutti i nostri avi, grazie a loro se siamo stati e siamo una generazione forte, laboriosa e con sani principi.
RispondiEliminaMena Tallarico
a proposito della mietitura, ma i campi coltivati a grano o altri cereali, non ne ricordo a Savelli. Mi ricordo che chi aveva gli asini preparava i "mattuli" con l'erba intrecciata. Da noi ricordo gli orti, con patate, cavoli e altri ortaggi che venivano innaffiati con l'acqua che si raccoglieva nelle 'cibbie'. Poi ricordo gli ulivi e i fichi d'India a Colasanto e altri posti in collina, e le castagne nserte all'altezza del paese e piu su.
RispondiEliminaTonino Arabia
Non ho partecipato alla mietitura del grano,ma ricordo che mia mamma teneva da parte,ppe li metaturi, qualche suppressata e del vino,bisognava trattarli bene per rendere al meglio.U casciune ccu lu grano che si portava al mulinu e Brisinda per avere fariina e crusca.Casciune dentro il quale, mia mamma nascondeva il formaggio,che io trovavo facilmente. Ho aiutato mia mamma a mietere u jarmanu a Campo Mazza ccu llu haciuniellu,e mi sono tagliato le dita. Bellissimi ricordi. Gino Mazzei.
RispondiEliminaNella foto di cui sopra vi sono mia mamma "Filomena" a cardilla figlia di 'Ntona a cardilla" che aveva la bottega sopra l'attuale farmacia a Savelli e sua cugina Mena che abitava a Verzino. Grandi amiche oltre che cugine, le due Filomene si sono sempre volute bene e frequentate fino a quando Mena ha, purtroppo, lasciato questa terra
RispondiEliminaLe donne addette alla mietitura sono mia mamma Fazio Filomena e sua cugina Levato Filomena. Sono al Casale in località Vigne di Verzino. La foto fu scattata da mio nonno e io ne conservo una copia originale
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