DETTI ED EPISODI MEMORABILI

Episodi e detti vengono tramandati oralmente e spesso vengono raccontati quando ci si incontra fra amici, durante momenti conviviali, di gioco o sono citati durante un discorso.  Alcuni si sono persi nel tempo, altri sono arrivati fino a noi, "colorano" i nostri racconti, arricchiscono e tramandano la cultura popolare. In diverse occasioni citiamo espressioni o modi di dire ma ne ignoriamo l'origine  e le circostanze in cui sono avvenuti. 

Ne cito alcuni, tratti dal libro di Pericle Maone, così si coglie il collegamento fra i detti e le cause che li hanno determinati.


1) U TRISSETTE

Questa storia è dedicata a chi ama il gioco delle carte, in particolare il "tresette". L'episodio ha dell'incredibile. 

Può subire "un cappotto" (cioè non riuscire a fare neanche un punto) chi, essendo di mano, ha un "buon gioco" di quattro 3 ?

La risposta in questo racconto:

Don Paolino Schicchitano, vecchio maestro elementare, accanito giocatore di " tresette", dopo aver subìto un cappotto, nonostante il compagno di gioco fosse di mano con un buon gioco di 4 tre, esclamò:

"Un altro, al mio posto e nei miei panni, avrebbe bestemmiato l'Apocalisse!"

Ecco come si verificò la "catastrofe": Il  compagno del maestro lisciò il primo "tre" e piovvero tre scartine; lisciò il secondo "tre" e vennero giù ancora tre scartine; bussò al terzo palo, questo fu un madornale errore perché presero gli avversari che si fecero tutte le battute rese franche dalle lisciate dei primi due "tre".

Arrivato alle battute finali, il compagno del maestro Scicchitano rimase  con due carte in mano, erano i due "tre" che gli erano rimasti. Costretto a scartare, sbagliò lo scarto ... e fu "cappotto" .

Spesso questo episodio veniva raccontato nelle osterie.

1979 - Partita a Tresette "Sutta a caggia" Bar di Mario

1993 - Partita a Carte al Bar di Mario. Sotto l'acacia.

1993 - Partita a carte " allu bar e Peppe


2) IL GALLO CANTERINO

E' una sera molto fredda di gennaio e una compagnia di amici molto affiatata ha consumato una lauta cena nel palazzo di Don Sartorio (attuale palazzo dove è situata la farmacia).

Intorno alla mezzanotte, uscendo dal ritrovo, si ode il canto di un grosso e vecchio gallo. Uno dei commensali, pieno come un otre, esclama all'indirizzo bipede :

"Bene mia 'ntra na tiella!"

(Oh, come sarebbe bello poterti avere in un tegame!)

2013 - Alla Jumarella-



3) A MULA E PARROTTA

Parrotta era un contadino che aveva una bella mula, però era capricciosa e disobbediente anche perché era stata viziata dal suo padrone.

Spesso non voleva uscire dalla stalla, tirava calci, Era diventata intrattabile e intollerante, insomma era testarda come una mula, tanto da passare alla storia col modo di dire, riferendosi a persone irritabili e bizzose:

"Si zillusu cu a mula e Parrotta

(sei irascibile come la mula di Parrotta)


Anni '90 - Peppone - Via Duca degli Abbruzzi



4) U CANE E NGRINGOLI 

"Ngringoli" era un contadino molto laborioso che aveva un cane che lo seguiva anche nel suo lavoro per questo veniva trattato molto bene dal suo padrone.

Un giorno il cane, forse perché particolarmente affamato, rubò la colazione al suo padrone. "Ngringoli" perse la ragione, si avvicinò al cane e gli vibrò 33 coltellate. Da quel giorno il luogo dove avvenne il fatto, una "cibia" (1)  sotto la curva della fontana del "Tubo", prese il nome "Cibia del cane di Ngringoli".

Anche adesso quando si parla di cani e lo si vuole denigrare si cita spesso la frase: 

"é llu cane e Ngringoli"

Anno - 2013 - Uno riposa... l'altro vigila.


5) UR'E' JURNATA

" Ur'è jurnata e fare fossette!"  
(non è la giornata adatta per fare le fossette) 
Fu lo sfogo di zio Giuseppe Brisinda dopo aver mancato, lui ottimo tiratore, uno dopo l'altro due facili cinghiali in una battuta di caccia alla Fratta (località vicino a Verzino),

Nel proferire le parole. rimaste celebri, montò a cavallo e tornò al paese, nonostante i richiami dei suoi compagni di caccia. 

"Le fossette" erano una qualità di pasta fatta in casa che si preparava nei giorni di festa e che era particolarmente squisita con il ragù di...cinghiale.

In questa occasione le "fossette" furono sicuramente abbondanti


6) U VARCU E VELUPAGU 

In una battuta di caccia il capo-caccia ordinò a Mastro Ciccio di appostarsi ad un varco, passaggio facile e obbligatorio per colpire l'animale. Ma Mastro Ciccio sbagliò il colpo suscitando l'ira dei colleghi che lo rimproverarono con violenza.

Mastro Ciccio, davanti a quell'assalto, non ebbe la forza di giustificarsi anzi si dichiarò colpevole e gridò: "VE LO PAGO! VE LO PAGO!!". Intendeva dire che avrebbe pagato la lepre non colpita.

Da quel giorno quel Varco si chiamò  U Varcu e Velupagu.

17/04/1921 - Battuta di caccia al Sanatorio -

.

Nota 1) - Cibia :  vasca di cemento utilizzata per la raccolta dell'acqua che serve per innaffiare gli orti.


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Commenti

  1. Bellissime foto, complimenti per la documentazione fotografica. Ho riconosciuto tante persone, che ricordo con piacere. AAR

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  2. . Rivedere persone care o amici che ci hanno preceduto è sempre una grande emozione. Le foto riservano queste sorprese.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Grazie piero
    Aver visto mio nonno u sciamatu mi ha fatto tanto piacere insieme a tanti vecchietti che mi ero scordata.
    Lucrezia

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