LA FINE DEL BRIGANTAGGIO

1806-1815
DECENNIO FRANCESE (2/3)

Nel 1808 i Francesi sono padroni della Calabria, ma non era terminata la lotta contro i briganti.

In quell'anno infausto, a Savelli, si registrano 14 omicidi che diedero vita a feroci vendette.

Anche a Verzino la situazione era alquanto turbolenta. Il 20 marzo di quell'anno furono uccisi: don Marcello Romeo-Longo, di 20 anni; Domenico Murgia, di anni 80, Santo Ferraro, di anni 40 e Saverio Arratta.

La situazione che si era creata a partire dal 1806 con la persecuzione nei confronti delle persone filo francesi col tempo cambiò. Le bande incominciarono a tormentare i loro concittadini colpevoli di possedere qualche cosa. Alle uccisioni seguirono feroci vendette.

 I libri parrocchiali del tempo raccontano:

"L'8 giugno 1808 il falegname Nicola Fronteradi anni 36, è stato ucciso a fucilate al Timparello del Pietramone dirimpetto al castagno" (località dietro la Chiesuola che faceva parte del "Rinacchio", da non confondere col Pietramone di Cànali che si trova sulla strada verso la Fontana Vecchia)

"il 26 giugno 1808 Michele Grecodi anni 30, è stato ucciso di pugnale in casa di Donato Vecchio ed il suo capo è stato trovato in platea (pavimento o piazza), mentre il corpo è stato bruciato dove egli aveva ucciso Nicola Frontera, nel luogo dietro il Pietramone dirimpetto al castagno".

Si continuò con questo passo fino a quando le bande dei violenti non finirono alla forca, ammazzati, bruciati.

La popolazione si liberò di questi malfattori con l'aiuto dei francesi così il paese raggiunse una certa stabilità e un certo ordine.

A raggiungere questo obbiettivo contribuì il generale francese Manhés che, su incarico di Murat, nel 1809/10, diede il colpo definitivo al brigantaggio.

Fra le varie leggi adottate vi fu quella del "ristretto del pane". Questa regola fu adottata con estremo rigore per portare alla fame i briganti. 

Fu adottata d'inverno in modo che essi non potessero cibarsi neanche di erbe dei campi. Nel sezionare i cadaveri dei briganti uccisi, per accertarsi che non ricevessero cibo da nessuno, non si trovavano altro che bucce di arance e cavoli crudi.

Crani di briganti esposti sopra i pilastri a Campotenese (CS).
Disegno di Horace Rilliet

Tra il 1809 e 1810 furono uccisi 30 savellesi,

Il fatto più triste di quei tempi si verificò il 24 novembre del 1810.

Tale Francesco Mauro, di anni 63, padre del Capo Urbano Domenico Antonio, rientrando dalla Sila con il suo asino carico di legna, incontrò appena fuori paese, nel punto detto "Petre 'Ncannate", degli uomini armati.

Questi, spacciandosi per dipendenti del Capitano delle Guardie Civiche Vigna, lo invitarono di avvisare suo figlio, capo delle Guardie Civiche, suo nipote e le persone più volenterose di recarsi nella suddetta località per discutere sul modo di sterminare gli ultimi briganti.

Il vecchio, con passo svelto si affrettò per raggiungere il paese e per avvisare il figlio, suo nipote e tutte le persone di riguardo.

I convocati, convinti di incontrare il Capitano Vigna, che in realtà si attendeva a Savelli, si recarono alle "Pettre 'Ncannate". 

Appena vi arrivarono, furono circondati da un gruppo di persone armate, subito capirono l'inganno. A questo punto cercarono di calmare il loro capo, tale Parafante, ma questi fece uccidere i tre Mauro, mentre gli altri furono presi in ostaggio con lo scopo di estorcere denaro alle famiglie. 

Viaggiatori assaliti dai briganti.
Acquerello di Bartolomeo Pinelli.

Giunta la notte la banda saccheggiò il paese e bruciò le case, la banda venne fermata da tale "Zaccarella" che, nel difendere la sua casa, uccise un brigante. Gli altri, impauriti ma soddisfatti del bottino, si ritirarono. 

Giunti in Sila, in località "Macchia Longa", vennero sorpresi dal vero Vigna che li disperse e liberò gli ostaggi.

L'incessante persecuzione del Generale Manhés annientò tutti i briganti savellesi, tranne Giovanni Mancuso detto "Cicinu" e Giuseppe Rotundo, detto "Silivizzu".

Questi ultimi, insieme ad alcuni delinquenti di Verzino vivevano nascosti in una "grava"(luogo dove l'acqua scompare nel sottosuolo) in località "Sulleria". Sopravvivevano rubando pecore alle mandrie vicine.

Il giorno 12 gennaio 1811 i cani di alcuni cacciatori di passaggio, attratti dall'odore della carne si avvicinarono alla "grava". I cacciatori, vedendo il fumo uscire, capirono e avvisarono le guardie civiche.

In poche ore il luogo venne circondato da circa 400 persone, le quali, per indurre i briganti ad uscire, appiccarono fuoco intorno al nascondiglio. I malviventi, vistisi perduti, incominciarono a sparare riuscendo ad uccidere tre guardie. 

L'assedio alla "grava" durò tre giorni. 

"Cicinu", vedendosi perduto, uccise i tre compagni che gli avevano consigliato quel nascondiglio, poi, in un disperato tentativo di salvezza, con l'aiuto di un pugnale, incominciò a scavare una galleria nel tentativo di aprirsi una via di fuga alle spalle degli assalitori.

Il tentativo fallì perché gli si presentò davanti un enorme lastrone.

Decise di arrendersi a patto di avere con sé per un'ora la moglieTeresa Sacco e di poter mangiare a sazietà del pane.

Fu accontentato.

Il brigante "Cicinu" divorò sei pani prima di arrendersi.

Il 16 gennaio del 1811, giorno della resa, fu fucilato, fatto a pezzi e appeso agli alberi.

Così morì il primo brigante di Savelli, indotto al delitto dal sacerdote Caligiuri,  il quale lo aveva definito "cornuto pagato". La conseguenza fu l'uccisione del prete e la vita da brigante.

Finivano così gli orrori del "decennio francese" coinciso con il "Primo Brigantaggio", che può essere considerato come la prima guerra civile italiana.

Finito il brigantaggio, stava per arrivare la fine anche per il dominio francese.

Continua...

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👉DOMINAZIONE SUCCESSIVA: Decennio Francese (Autonomia di Savelli da Verzino)

🏠CRONOLOGIA DELLA STORIA DI SAVELLI


Commenti

  1. Molto interessante

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  2. Grazie mille é interessante conoscere la storia del nostra amato Paesello
    Gino M.

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  3. Sempre molto interessanti queste pillole d storia; grazie Pierì!
    f. ch.

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