U TRAPPITU (IL FRANTOIO)

Lungo via Marina, una volta chiamata via dei Marzi (1), incoincidenza con via Carducci, c'era un frantoio ("u trappitu")

Era di proprietà di "za Catarina a Malafarina". Lo gestiva lei personalmente con qualche aiutante perché il marito era emigrato nel West Virginia (America). 

Antica macina con ruote in granito in un frantoio di Savelli anni'50

Era situato al piano terra della casa che lei abitava e la porta d'entrata del frantoio s'immetteva su via Marina, una strada interna del paese facilmente raggiungibile da piccoli mezzi a motore e quindi comodo per il carico e lo scarico della merce

Via Marina
Il frantoio era ubicato dove c'é la porta marrone. 

Fatta la raccolta delle olive, i contadini, portavano le olive "allu trappitu" che, vista la richiesta, lavorava giorno e notte senza soluzione di continuità. Oggi si direbbe "h 24".

Raccolta delle olive in un quadro del pittore savellese Salvatore Mazzei (Sasà)

I sacchi di iuta pieni di olive venivano portati al frantoio ("trappitu") con l'asino o  "cu lla tri rote" (motocarro Ape), modello usato sin dagli anni '50 nei percorsi urbani e rurali per trasporto di materiale vario.

Le olive venivano versate nella macina, una specie di grande vasca dove venivano schiacciate da due grandi ruote in pietra. Si formava così una poltiglia densa che poi veniva posta nei fiscoli ("Fisculi"), una borsa rotonda di fibra di cocco, di canapa con un buco in mezzo, per poi sottoporli alla torchiatura.

I fiscoli venivano messi uno sull'altro in modo da formare una pila e contemporaneamente coperti da un disco che, con la pressione del torchio, faceva uscire l'olio misto ad acqua ed altre impurità.

Antico torchio
(foto dal web)

 I fiscoli, impilati, erano divisi da un disco di metallo per poter agevolare la pressione e quindi la fuoruscita dell'olio. 
(Foto dal web)

Torchio di un frantoio savellese anni '50

Il torchio, con la pressione, provvedeva a separare la parte liquida dalla parte solida

 La parte liquida, olio e acqua, veniva mandata ad un separatore che provvedeva a dividere l'olio dall'acqua e dalle altre impurità. L'olio veniva raccolto nei recipienti adeguati, mentre l'acqua, lo scarto liquido ("a fezza"), veniva mandata fuori dal frantoio e si disperdeva nelle "minelle" (vicoli) del paese.
I tempi e le leggi di allora permettevano "abitudini poco ecologiche". 
La parte solida, la sansa, veniva staccata dai fiscoli e, una volta asciutta, veniva usata per il riscaldamento.  

All'interno del frantoio di "za Catarina" c'era anche il camino con un treppiedi ("Trippitu") con sopra una caldaia ("Quarara") piena d'acqua. Serviva bella calda per la pulizia degli attrezzi e dei fiscoli.

Sulla brace vivace venivano messe ad arrostire  fette di pane. Una volta  pronte venivano cosparse di olio nuovo e fatte assaggiare ai presenti, ma anche offerte a chi passava in quel momento per sentire il parere sulla qualità dell'olio appena spremuto. 

Quando iniziava la raccolta delle olive, nel frantoio c'era sempre un via vai di persone, mentre i rumori della pressa, del separatore e delle ruote di pietra  accompagnavano la vita notturna dei contadini che aspettavano con trepidazione di sapere la quantità di olio prodotto e la qualità. 

Tutto ciò nell'attesa di avere l'olio nuovo per la provvista annuale.

Un detto locale ci ricorda: 

 " Uagliu nuavu e binu viecchiu"

"Olio nuovo e vino vecchio"

Voci, rumori, sapori, odori parole che sintetizzavano la vitalità del frantoio e caratterizzavano l'intera "ruga" (rione). Ma rappresentavano anche la laboriosità, il sacrificio dei nostri antenati e la vitalità del paese in quel periodo.

La  colazione o la merenda si faceva anche con  una fetta di pane e olio con poco zucchero.

Io abitavo vicino al frantoio e la curiosità  non mi faceva perdere alcuna fase della lavorazione: dalla spremitura, alla pressatura fino alla separazione dell'olio.

Guardavo con molta attenzione l'uscita dell'olio dal separatore, però non ne capivo la procedura,.

Vedevo entrare un liquido scuro, torbido e poi, come per incanto, fuorusciva l'olio verde-oro, denso e profumato.

Separatore
(foto dal web)

Finito il procedimento, l'olio veniva messo in grosse taniche e portato a casa. La provvista era fatta con grande soddisfazione del contadino.

L'olio, portato a casa, veniva messo nella "cerra", un vaso di terracotta di forma panciuta o di vetro con due manici, poi veniva depositato nel "catuaju" (luogo adibito a deposito). 

La provvista dell'olio era fatta.

Giara di terracotta per olio

Oltre al frantoio vicino a casa mia, in quel periodo (anni ''50/'60), in paese, ce n'erano altri due: il frantoio sempre su via Marina angolo via Foscolo (discesa "Gorna") e quello "ru Furgiariellu", in una via interna rispetto a via Marina.
 

Molte erano le località. distanti dal paese, dove i nostri avi avevano gli uliveti; alcuni non erano di grandi dimensioni ma soddisfacevano la provvista familiare e, in caso di abbondante produzione di olio, veniva anche venduto.

Gino Gentile, nella poesia "A cogliare alive", ci ricorda: le località principali dove venivano coltivati gli ulivi, l'importanza della provvista dell'olio e la fatica dei nostri contadini.

1930
Adulti e bambi alla raccolta delle olive presso l'uliveto di Don Peppino Brisinda, alla Grillea. 
 

A cogliare alive

N'alevàmu e buonu matinu

e jamu cuglimu

alive a B-Vurinu,(2)


 A Palmarinu o alla Grillea, (2)

pue jamu cuglimu

puru chille e Frea. (2)


Ccu l'alive re Vigne e Verzina (2)

cce vena l'uogliu

ch'è na cosa fina


Na macina e alive a fazzu a Spartìa (2)

n'atra bona

a Campucaria.(2)


U combiru e l'uogliu

io cciu fazzu

e ppe st'annu alive chhiui nun nde cuogliu.


Si pie tuni u r'hai nente cchi fare

a cogliere u cuocciu (3)

tu tinda jire.


E si tu te vo cundire a minestra,

cogliande ccu la manca

e ccum lla restra.


Si tieni l'uogliu ppe llu lampiale (4)

sparagni i soldi

ppe lle candiale.


Si uogliu hai tu si mianzu riccu

eccussiri ricìa

sempre zu Nciccu.


Ra pace è llu signu,

a chianta e l'alive,

chiantande assai ca fa buonu guaragnu.


da "Savella 'Npoisia" (Savelli in poesia) di Gino Gentile, scritta nel gennaio 1955.


Anni '30 
Lavoratori addetti alla raccolta delle olive alla "Grillea".


A raccogliere olive

Alziamoci di buon'ora

e andiamo a raccogliere

olive a Vurino  


a Palmarino o alla Grillea

poi andiamo a raccogliere

pure quelle di Frea.


Le olive delle Vigne di Verzino

producono olio

che è una bontà.


 160 kg circa ( una macina) di olive le raccolgo a Spartìa

e un'altra macina abbondante

a Campocaria


La provvista dell'olio

riesco a farmela

quindi per quest'anno non ne raccolgo più

.

Se poi tu non ha da fare niente 

devi andare a raccogliere

quelle avanzata dopo la raccolta.


Se ti vuoi condire la minestra

deve raccogliere con la mano sinistra

e con la mano destra.


Se hai l'olio per il lume

risparmi i soldi

delle candele.


Se hai l'olio sei quasi ricco

così diceva

zio Francesco.


L' ulivo è la pianta

della pace,

piantane molte, così avrai un ottimo guadagno.

Raccolta delle olive con il sistema della bacchiatura, cioè con lo scuotimento dei rami con delle pertiche per provocarne la caduta.
(Disegno di Piero Arcuri)


Ruota del frantoio
(Foto dal web)

Qualche tempo fa ho fotografato, in uno spazio appena fuori paese, due ruote di pietra di un vecchio frantoio, erano a terra circondate da erbacce.
Spero che possano essere recuperate e rese visibili collocandole, in modo adeguato, in una via, in uno spazio, così da dare un senso alle cose e a ciò che ci possono raccontare.
In fondo rappresentano un pezzo di storia del nostro paese.

---

Nota 1) - Via dei Marzi: corrisponde all'attuale via Marina . Il cambiamento si presume sia avvenuto intorno al 1920 con il rinnovamento del nome delle strade. Veniva chiamata via dei Marzi perché quella zona era abitata dai pastori del Principe di Cerenzia che pascolavano in località Scalzaporri ed erano provenienti da un paesino vicino a Carpanzano (CS) che si chiama tuttora Marzi.

Nota 2) - Vurinu, Palmarinu, Grillea, Vigne e Verzinu, Spartìa, Campucaria, Frea sono località, abbastanza lontane dal paese, dove i nostri avi avevano gli uliveti.

Nota 3) - "Cogliare allu cuacciu" (raccogliere chicco per chicco):  andare a raccogliere le olive avanzate dopo la vera raccolta: Come andare a spigolare. Andare a raccogliere qua e là.

Nota 4) - "Lampiale": lume ad olio.

Commenti

  1. Piero, mi hai riportato indietro di sessant'anni, anch'io ho lavorato ntro trappitu il 1963 cu Peppe e Gorna

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  2. Quanta nostalgia dei tempi passati, nonostante tantissimi sacchi " aiu sctrampunhatu da picciune all'incrocio ra matcchia e lhamari, a carrera carrera e tchianu e tchìanu"...poi abbiamo fatto a " sctratella" e andavamo in macchina in mezzo agli ulivi ma arrivò il più brutto incendio che abbia mai visto in vita mia...e le ha bruciate tutte...ho lavorato nel frantoio e quanti bei ricordi, quante bontà, specialmente l'olio vergine, raccolto nella " conca ra macina" direttamente dalla pasta delle olive macinate. Un olio benedetto, che veniva usato anche per le scottature e x gli arrossamenti dei bambini, così mi raccontava buonanima di mia madre. Un sapore che mai più assaggeremo. Mi ricordo le mani nere, che il succo delle olive fanno, ma poi alla fine della campagna della raccolta delle olive, diventavano morbide e sembravano vellutate.

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  3. Cu l'uagliu nuavu ninde cundimu,
    cu chillu viacchju nind' allucimu 😊
    Emanuele

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  4. Grazie Piero è sempre molto interessante leggere le tue ricerche su Savelli. Un caro saluto a Te e Giovanna.
    Angela V.

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  5. Interessantissimo!
    Grazie!!!
    Franco C.

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  6. Anch'io ho bei ricordi di questo frantoio.
    Grazie e buona giornata 😗
    Filomena A.

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  7. Ottimo racconto.
    Qui ad Altomonte all'epoca non c'era il separatore e "u massaru", il capo operaio o il padrone del frantoio usavano un attrezzo di latta a forma di piatto piano con manico al centro, che immergevano con delicatezza nel grosso recipiente pieno di acqua e olio e raccoglievano l'olio che stazionava a galla.
    Carlo D.

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  8. L'attrezzo che si usava per raccogliere l'olio era "a piattina". L'olio, essendo più leggero rimaneva in superficie., così poteva essere raccolto usando una certa attenzione e maestria.
    Piero

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  9. Sull' albero credo di riconoscere mio nonno Giuseppe Levato (pitazzu), Domenico Astorino (zarrettu) e il ragazzo sulla sx Peppino Grande il nipote di zarrettu fratello di Teresa farmacista

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