A STRINA

Tradizioni e abitudini che fanno parte della nostra cultura, della nostra educazione e del nostro modo di essere non si possono dimenticare, anche se negli ultimi decenni sono avvenute rivoluzioni che hanno cambiato usi e costumi che sembravano incrollabili.
Questi possono mantenere una certa attualità e possono conservare il loro valore se, nel momento del ricordo, riusciamo ad incuriosire e ad emozionare quanti ci leggono o ci ascoltano.

Una volta le tradizioni natalizie terminavano andando di casa in casa a fare gli auguri di buon anno ad amici e parenti con una modalità piuttosto originale: "CANTANDU A STRINA".

La mattina del 31 dicembre, comitive di ragazzi cominciavano ad andare in giro per le case di amici e parenti ad invocare "a strina" (dono), pronunciando questa semplice frase:

"E' BONINU E BONANNU 
FAMMI A STRINA CA' E' CAPUDDANNU"

(faccio gli auguri di buon anno - fammi un dono perché è Capodanno)

Il nome "strina" oltre a designare il canto, indica anche il dono che si riceve: i cantori vengono chiamati "strinari".

Per l'occasione si poteva ricevere "u muccellatu" (buccellato), una specie di pane biscottato a forma di corona o se, la famiglia visitata era generosa anche qualche soldino.

Mucccellatu (buccellato) - Pane biscottato di forma rotonda fatto con farina di grano tenero.
Vengono confezionati per Capodanno, per Pasqua e in occasione delle nozze.


La sera, entravano in scena i grandi. Gruppi di giovani che con modesti strumenti (zufoli di canna o  con chitarra e fisarmonica), intonavano un canto tradizionale "a strina" davanti alle case dei "signori".

I cantori venivano fatti entrare e invitati a bere liquori, vino, a mangiare i dolci natalizi e, alla fine, veniva data loro "a strina" (un Buccellato, una bottiglia di liquore o altro). Il giro continuava presso altre famiglie e poteva durare anche tutta la notte. Una ritualità questa che, purtroppo, è caduta in disuso per i motivi sopra accennati. Continua il rito delle focare (falò) da addobbare la sera del 31 dicembre presso le piazze principali e i luoghi di aggregazione.

Una recente focara solitaria



Falò anni '60 -
Quando Savelli contava più di 3.000 abitanti. Quando a focara significava:
compagnia, condivisione, allegria. Questo falò è stato fatto al Villaggio Pino Grande in occasione dell'inaugurazione dell'illuminazione esterna.

1) Giuseppe Gualtieri
2) Gian Battista Maone
3)
4) Giuseppe Polillo
5) Galì Gallo
6) Filippo Spina
7) Francesco Paletta
8) .... Maone

Il canto popolare "A Strina" (la strenna), riproposto qui di seguito nella versione completa, contiene temi augurali che si si rivolgono ora ad uno ora all'altro o ad entrambi i coniugi. Per il nuovo anno si  augura: una vita lunga, ai figli un futuro  migliore (uno cavaliere, l'altra regina), un raccolto di grano abbondante, vino a volontà, tanta seta quanto pesa la mola di un frantoio, tanti giorni felici in futuro. Qualche volta i cantanti, sollecitati dalla vena del momento, improvvisano qualche rima. Alla fine i cantori invocano per loro un dono sostanzioso e salutano la famiglia dicendo che devono andare a cantare in altri luoghi. 

Per chi volesse recitarla o cantarla ecco la versione completa :

A STRINA

Cari Signori, ve simu venuti;
ppe mille vote sia li bontruvati.

Nu mazzu re garofali juruti
cchiù dellu mustu v'addura llu jatu.

Quanti jurilli fannu le nucille,
tant'anni campi' patre, mamma e figlie.

Quanti jurilli fannu le jinosttre,
tant'anni campi' e signorie vostre.

'Mmienzu 'ssa casa penda na catina,
a lla tua figlia la via na rigina;

'Mmienzu'  'ssa casa penda nu lampiele,
a llu tue figliu lu via cavaliere.

A luongu a luongu 'nsinu a Santu Vitu, (1)
chi Dio te guardi 'ssu bellu maritu;,

A luongu a luongu 'nsinu a Santa Chiara ,
chi Dio te guardi 'ssa bella quatrara;

Chi te via fare tantu re lu granu,
quantu nde 'mbarcu Cutru e Coriglianu; (2)

Chi te via fare tantu re lu vinu,
quant'acqua curra Tacina a pendinu;(3)

Chi te fare tanta de la sita,
quantu 'nde grava na mola e trappitu; (4)

Chi te via fare de le belle  feste,
quantu a Palermu su' porte e finestre;

Chi te via avire de li buoni anni,
'cchiù ca Messina  su' jombari e panni;

Te via avire de la cuntentizza,
quanta 'ndappa Maria ccu Gesù 'mbrazza:

Fanne la strina, falla re rinari,
cussì cumbena a vue, cari Signori; 

Cristu ficia la strina a lli riscipuili,
cussi la fai a nnue e vieni ràpare:

Un te cririre ca nue simu tanti,
chi ràpari a porta e jetti l'anti;

Un te cririre ca nue simu assai, 
cà simu chilli quattru amici tui;

Sientu lu strusciu re lu 'ntavulatu,
 criju ca vena mo' lu muccellatu;

Sientu lu strusciu re lu tavulinu,
sientu ca vena mo' lu bicchierinu;

Sientu lu strusciu re la cascitella,
sientu ca vena mo' la pasturella;

Sientu lu strusciu re lu riscignuolu,
sientu ca vena mo lu mustazzuolu;

A vi' ca vena mo' la gran Signora,
me para na nobile rigina!..

A r'una manu porta la lumera,
a ll'atra na galante strina;

Canta llu gallu e scuòtula le pinne,
lassamu a santa notte e jamuninde; (5)

Cumpatiscitici si lu spassu è pocu,
c'amu e jire a cantare a r'atru luocu;

Cumpatiscitici si lu spassu è nente,
c'amu e jire a cantare a r'atra gente...


LA STRENNA

Cari Signori , siamo venuti (a trovarvi),
e vi diciamo mille volte "ben trovati".

Un mazzo di garofani fioriti (è per voi).
il vostro alito profuma più del mosto.

Quanti fiori fanno le piante del nocciolo,
tanti anni possa vivere tutta la famiglia.

Quanti fiori fanno le ginestre,
altrettanti anni possano vivere le vostre signorie.

In mezzo a questa casa pende una catena,
che la figlia possa diventare una regina.

In mezzo a questa casa pende una lampada,
che tuo figlio possa diventare cavaliere.

Lungo lungo fino a San Vito,
che il Signore abbia un occhio di riguardo per questo bel marito.

Lungo lungo fino a Santa Chiara,
che Dio abbia un occhio di riguardo per bella ragazza.

Che tu possa produrre tanto di quel grano,
quanto ne produce Cutro e Corigliano.

 Che tu possa produrre tanto di quel vino,
pari a tutta l'acqua che scorre nel fiume Tacina.

Che tu possa produrre tanta di quella seta,
pari al peso della mola di un frantoio.

Che tu possa fare tante feste .
pari al numero delle finestre e delle porte che ci sono a Palermo.

Che tu possa avere tanti anni felici.
pari a tanti gomitoli e panni che ci sono a  Messina.

Possa tu avere  tanta felicità,
quanta ne ebbe Maria quando si trovò in braccio Gesù.

Fai un dono, fallo donando dei soldi,
così è conveniente a voi, cari Signori.

Cristo fece doni ai suoi discepoli.
così tu li fai a noi e quindi vieni ad aprire la porta.

Non pensare che siamo in tanti, 
apri la porta velocemente anche a costo di buttare le ante.

Non pensare che siamo molti,
siamo i quattro amici tuoi.

Sento il rumore del pavimento di tavole.
penso che stia per arrivare il buccellato.

Sento il rumore del tavolo,
penso che stia per arrivare il bicchierino di liquore.

Sento il rumore della cassapanca,
penso che stia per arrivare la focaccia di miele.

Sento il rumore dell'usignolo.
penso che stia per arrivare il dolce col miele.

Ecco che sta per arrivare la Signora,
somiglia a una nobile regina.

In una mano porta la torcia,
nell'altra il dono che vuole offrirci,

Canta il gallo e sbatte le piume
auguriamo la buona notte e ce ne andiamo.

Perdonateci se il divertimento è durato poco,
ma dobbiamo andare a cantare in un altro posto.

Perdonateci se il divertimento è niente.
ma dobbiamo andare a cantare presso altre gente.

Ripropongo il quadretto di Piero Arcuri perché ben rappresenta il momento dell'accoglienza "ri strinari" nelle case. La tavola veniva addobbata con dolci e bibite, le salsicce e i prosciutti appesi rappresentavano le provviste per l'inverno.
 "Alli strinari", dopo aver cantato "a strina", veniva offerta: una salsiccia, una soppressata, del vino...
Quanto raccolto veniva poi consumato in compagnia.


COL CANTO DELLA "STRINA" 
AUGURO A TUTTI 
UN FELICE ANNO NUOVO


nota 1) In un canto per le nozze, nel 1496, tra Ferrante II d'Aragona e l'Infante Giovanna , alcuni cavalieri composero e cantarono una canzone di cui  due versi così suonavano:

Longa sperlonga nfi' a Santo Vito

Dio te guarda lo bello marito...

nota2) Cutro e Corigliano sono due grossi centri della marina ionica.

nota 3) Tacina è un fiume del versante ionico della Calabria, ricco d'acqua.

nota 4) L'allevamento del baco da seta un tempo era comunissimo in quasi tutte le famiglie. Una volta intorno al paese c'erano diverse piante di gelso. I feudatari misero addirittura una tassa su queste piante.

nota 5) In un paese della Basilicata la strofetta di due versi  così si articola:

"Lu gaddu curce tene i lunghe pinne,

Lasame a santa notte e ghiamininne."

Commenti

  1. Ricordo quando il mattino venivano i bambini alla porta e chiedevano fammi a strina cha a gallina e sutta a tina

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  2. Certamente che si . Detto tradizionale ZI AMME A STRINA CA A GALLINA E SUTTA A TINA. VE LA TICORDATE . ?
    Peppino Chiarello

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  3. [31/12, 16:33] GianlucaVeltri: Bello Piero! ����
    [31/12, 16:33] GianlucaVeltri: Si leggono con piacere

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  4. Mi ricordo che in alcune occasioni ho partecipato ad alcune Strine. I gruppi erano anche molto numerosi, ma chi apriva era ben felice di accogliere e offrire. Poi nei giorni seguenti ci si riuniva ancora e si consumava quanto raccolto. Mi piacerebbe rifarla. Buon 2022. Tonino Arabia

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  5. Era bello quando si cantava la strenna. Ora le tradizioni non si sentono quasi più.
    Nella

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  6. I tempi cambiano le traduzioni pian piano vanno a perdersi
    Meno male che noi che abitiamo lontano possiamo ascoltare la strina, e altre canzoni Savellesi attraverso i social.. e per questo ringrazio l'artista savellese Gino Grande che con la sua musica ci fa sentire vicini al paesello, e fa rivivere le nostre tradizioni musicali...
    Filomena..

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  7. Mio padre ricorda che questa foto fu fatta al Villaggio in occasione della prima accensione delle luci pubbliche
    stradali.
    Rossella Spina
    Ros

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  8. Bella pillola di storia: grazie!
    f.ch.

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