I MESTIERI DEL PASSATO (pt.1)
Savelli, ha sempre avuto, da quando è stato fondato (1638) fino agli anni 80/inizi anni '90 del secolo scorso, una vocazione agro/silvo/pastorale sviluppatasi in un contesto territoriale molto difficile.
Il fenomeno dell'emigrazione e i cambiamenti sociali, le rinnovate necessita familiari (fra le altre, il desiderio di far studiare i propri figli..) hanno determinato la scomparsa di mestieri che precedentemente sostenevano l'economia del territorio.
Ad essa erano legate attività e mestieri alcuni dei quali sono completamente scomparsi. A molte persone sono anche sconosciuti.
Alcuni artigiani svolgevano la propria attività in Paese, altri, provenendo da zone dove determinati mestieri si erano localizzati, frequentavano stagionalmente il Paese e soggiornavano presso gli alberghi Sila, Bellavista, Bel Soggiorno, Albergo Turistico. (1)
Col tempo, alcuni di essi, dopo aver preso famiglia, si sono stabilizzati nel nostro territorio.
Questi artigiani offrivano i loro servizi secondo le necessità, con perizia e cordialità, ricambiata dai nostri antenati. Le loro visite erano stagionali.
Alcune famiglie, in virtù del lavoro svolto dagli avi, ne conservano ancora "u suprannume" (soprannome, nomignolo: es: " piciaru, l'aparu"...).
l progresso ne ha accelerato la scomparsa, ma il ricordo di alcuni di essi ci riportano all'infanzia:
"I CRIVARI".
Artigiani che riparavano i crivelli
Provenivano dalla provincia di Reggio Calabria e raggiungevano Savelli per riparare "i crivi" (setacci, crivelli) usati per secernere il grano, la crusca, la farina. Andavano in giro per il paese portando sottobraccio vari tipi di fondo che poi sostituivano con abilità.
"UMBRELLARI".
Artigiani che riparavano gli ombrelli
Anche loro erano originari della provincia di Reggio Calabria.
In autunno, alle prime piogge, erano già in giro per il Paese al grido di: "Umbrellaru!!!- conza umbrella!!!" ( ombrellaio !!!- aggiusta - ombrelli!!!). Aveva una cassetta con tutti i ferri del mestiere e l'occorrente per le riparazioni: stecche, manici, ghiere, aghi, filo di seta, filo di ferro dolce. Il suo arrivo era atteso perché le famiglie conservavano gli ombrelli da riparare.
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"Umbrellaru" (Foto dal web) |
'MBASTARI"
(artigiani che costruivano i basti, le selle di legno che si collocavano sulla groppa delle bestie da soma e serviva per collocarvi o appendervi la merce)
Questi artigiani venivano dai paesi silani della parte ionica, in particolare da Bocchigliero /CS), forse perché come materiale veniva utilizzato il legno "scinu vruosciu" (Lentischio. arbusto sempreverde tipico della macchia mediterranea ) che si coltivava vicino a Cropalati (CS).
G. B. Maone racconta del più assiduo "mbastaru", di un omone che frequentava, sin dagli anni '30, il nostro Paese, tale Emanuele Di Bartolo vestito con pantaloni che gli arrivavano al petto, con bretelle, con camicia senza colletto, con un enorme cappello di paglia a cono ornato con nastrino rosso, sempre in maniche di camicia. Portava anche un orecchino che mal si adattava alle sue grandi orecchie e alla sua barba. Raggiungeva Savelli con il traino carico di basti che vendeva facilmente perché, ai quei tempi, gli equini erano numerosi.
A Savelli per tanto tempo é esistito il soprannome " U MBASTARU", da ciò si deduce che doveva esserci qualcuno che esercitava questo mestiere.
"'NZITARI"
(Raccoglitori di setole di maiale)
Era sicuramente un lavoro umile e povero. Arrivavano nel periodo della mattazione del maiale e, con pochi centesimi delle vecchie lire compravano le setole del maiale da coloro che avevano avuto la pazienza di raccoglierle e di conservarle., Le setole venivano portate nel Reggino dove venivano usate per pennelli, spazzole ecc...Tutto ciò prima che il nylon sostituisse questo prodotto naturale.
Le setole del maiale, quelle più lunghe e rigide venivano usate anche dal calzolaio, che le metteva all'estremità dello spago che usava per cucire le scarpe, ciò per agevolarne il passaggio nel buco della suola fatto con la "suglia" (lesina).
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"a suglia" ( lesina). Attrezzo usato dai calzolai e dai sellai per forare e cucire il cuoio |
Pellari e curdari venivano da zona di Vibo Valentia, esattamente da Soriano Calabro (VV), infatti venivano chiamati "I Surianisi" (i sorianesi) .
I cordai vendevano corde per basti, per i carri, per i traini. Per decenni essi stessi hanno intrecciato la canapa lungo via Roma, la strada principale del Paese.
"I Pellari " raccoglievano le pelli ovine, caprine e, quando capitava , quelle bovine, dai "Chianchieri" (dai macellai) e le portavano a Soriano (VV) dove vi erano delle concerie.
Al ritorno portavano le pelli conciate (suole, foderami ) e tutto ciò che poteva servire ai calzolai per confezionare le scarpe.
Fino agli anni '20 gran parte delle famiglie usavano calzature fatte con materie prime preparate localmente ( " e calandrelle", usate dai contadini, erano sandali preparati con il cuoio dei maiali ). Al miglioramento della manodopera e della qualità dei materiali contribuirono anche i "pellari" di Soriano che si stabilirono a Savelli.
"ZAGARELLARI"
(venditore di nastrini colorati)
I "zagarellari" andavano nei paesi in prossimità delle feste per vendere nastrini colorati, nastri, stelle filanti, fettucce con fili dorati ornamentali. Esponevano la loro merce attaccata ad una specie di croce a più braccia, fatta di canna.
Un commercio povero per un guadagno povero. La gente comprava "e zagarelle" in ricordo della festa del Paese presso cui andava e le regalava ad amici e partenti..
"Compà! t'aju purtato a zagarella ra Festa e Santu Linardu (Castelsilano - KR)
" Compari! ti ho portato il nastrino colorato in ricordo della Festa di San Leonardo ( Castelsilano -Kr).
Il nastrino veniva attaccato con uno spillo sulla giacca o sulla camicia.
"PETTINARI"
Artigiani che riparavano i pettini del telaio
I pettinari erano di casa a Savelli perché numerose erano le massaie che si occupavano dell'arte della tessitura: Essi fabbricavano e riparavano i pettini con arte e perizia. Uno di loro, tale Mastro Gregorio Pileggi, prese moglie a Savelli e vi esercitò il mestiere fino alla vecchiaia.
Poi, come sappiamo, l'industria fece scomparire i manufatti artigianali e scomparvero anche questi artigiani
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Ann '60 -Telaio di Emma Chiarello, abile tessitrice. |
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Pettini del telaio |
" QUARARARI"
Stagnini, artigiani che lavoravano la latta e la lamiera
IL lavoro degli stagnini era legato agli utensili di rame che venivano usati in quel tempo nel nostro Paese. Quelli stagionali arrivavano a Savelli nella stagione estiva quando le nostre massaie avevano necessità di far riparare o stagnare gli utensili della casa : " quarare" ( caldaia per fare il bucato, per scaldare l'acqua), "cassarole" e pentolame vario.
I girovaghi raggiungevano diverse zone del Paese e posizionavano la loro postazione in un piccolo spiazzo. Accendevano un fuocherello per fondere lo stagno che serviva per rivestire caldaie, casseruole, padelle ecc.
I bambini facevano a gara per far girare il mantice che serviva ad alimentare il fuoco, mentre le massaie, avvisate con il passaparola o attraverso le comunicazione del "bandista" ( banditore), arrivavano con il pentolame da aggiustare. (2)
Gli esponenti di questa professione che veniva svolta stabilmente in Paese furono: Mastro Mico Lucisano che da Pizzo Calabro (VV) si accasò a Savelli e che tramandò l'arte ai suoi figli e Mastro Ciccio Savelli " u quarararu" ( calderaio) che ha esercitato la professione fino agli anni '50. Persona. bonaria e paciosa, vero artista nella costruzione di lanterne, di misure per liquidi, di ciotole. Lo ricordo bene perché era un assiduo frequentatore dell'osteria di mio nonno.
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"U Quarararu" (Foto dal web) |
"CINGULARI"
Gli straccivendoli
" U cinguilaru o zinzularu " passava da Savelli uno più volte all'anno per raccogliere i "zinzuli" ( gli stracci). Era un raccoglitore napoletano che pagava i cenci pochi centesimi delle vecchie lire per poi rigenerarli e rimetterli in uso.
In una società povera, i panni venivano riciclati in famiglia e non solo in essa. Quando venivano buttati erano proprio ridotti a "zinzuli",
"PIGNATARI"
Artigianim che lavoravano l'argilla
Venivano a Savelli da Campana, da Cariati, da Rossano e portavano:
- "pignate" ( pentole di terracotta usate per cuocere fagioli e carne da mettere vicino al fuoco);
- "gumbule e gumbulilli" ( contenitori con due manici dalla capienza di 2/3 litri , molto usati per andare a prendere l'acqua alle fontane site fuori paese);:
- "terzaruli" ( recipienti di coccio o anche di legno, venivano usati per la salatura delle sarde, dei pomodori, dei peperoni, dei funghi ecc..,
- "cannate" ( boccali per l'acqua);
- "limbe" ( scodelle di terracotta) ecc...
Oggetti usati giornalmente o per prepararvi le provviste invernali.
Alcuni di essi avevano una forma artistica interessante.
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"A cannata" - Questo tipo di boccale, nelle varie capacità, veniva usato anche nelle osterie per servire il vino |
Nota 1- Sila, Bellavista, Bel Soggiorno, Albergo Turistico erano alberghi che, in tempi diversi, hanno offerto ospitalità agli artigiani, ai viaggiatori, ai turisti, agli impiegati della Pretura, dell' Ufficio del Registro ecc.. Già dagli anni '20 c'erano: il "Sila" in via Roma, prima del Savelli Hospital; il "Bellavista", zona largo Aprigliano.
Nota 2- "Bandista o jettabandu", (banditore) comunicava alla popolazione l'arrivo in Paese di ambulanti e di artigiani: Trasmetteva anche comunicazioni di servizio impartite dall'Amministrazione Comunale o da altri:. Girava per tutto il Paese per avvisare con una trombetta l'imminente informazione. Le persone si portavano sull'uscio di casa o appena fuori per ascoltare la comunicazione detta al alta voce.
Grazie Piero, questo articolo è molto interessante, io ricordo quando ero bambino, avrò avuto 7/8 anni , ancora veniva un artigiano da Verzino ‘U quarararu’ e noi bambini eravamo molto curiosi, era molto abile a ‘stagnare’, ci regalava un fischietto fatto con i pezzi di lamiera che usava per i vari lavori.
RispondiEliminaBravo Piero grazie.i mi sono sempre chiesta l'origine del 'suprannume' Sciampagna. Sicuramente qualcuno dei miei avi era una persona che amava festeggiare ogni ricorrenza.
RispondiEliminaElena M.
Si, Elena, credo che Sciampagna, derivi da scampagnata!
EliminaGrazie, Pierì, per quest'altra bella e toccante pillola di storia paesana!👋
RispondiEliminaf.ch.
Un tuffo in un passato dimenticato 🤗👋
RispondiEliminaBravissimo Pierino e grazie davvero per questa bellissima raccolta
RispondiEliminaSai per caso, il soprannome di ''Cardacchiu,, da cosa deriva?
Grazie mille.
Ciao. ricordo benissimo ''u quarararu,, che lavorava nguacciu a casa e ''Cognu,,
RispondiEliminaBuona giornata e grazie mille per questa bellissima raccolta dei mestieri.
Angelo Lio
vero.
RispondiEliminau bandista
u quarararu di fronte a,Micurellu ,
mi piaceva vedere mentre scioglieva lo stagno e lo faceva girare intorno alla pentola.
oltre che mestieri erani arte , fatti con perizia conoscenza ed amore.
buona giornata
P. T.
Cardacchio è il cucciolo del ghiro. A Savelli è un soprannome che può intendersi anche come colui che carda la lana.
RispondiEliminaL'economia dell'usaegetta, ha distrutto tutto questo è non solo.
RispondiEliminaPasquale
Piero mi fa piacere sentire tutti i tuoi racconti ricordo bene u bandita il compari Torcasso ,u stagnini mio NONNO Savelli u zu ciccu,la cantina di tuo papà u Cardacchiu,u scarparu Gnazzullu Papa di Tonino,e Pasquale ha Pallina mio padre mi faceva fare i scarpuni fatti ha mano detti anfibbi.
RispondiEliminaCiao Piero sei grande
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