I MESTIERI DEL PASSATO (pt.2)

L'elenco dei mestieri di una volta continua... Leggi anche la Parte 1.

Alcuni di essi erano veramente umili e poco appaganti, questo ci fa capire le difficoltà dei nostri nonni/genitori nel mandare avanti la famiglia.


"E LAVANDARE"

Le lavandaie

 Erano le donne che facevano le lavandaie di mestiere. Nel periodo della primavera/estate le famiglie si recavano presso i fiumi o laddove c'erano delle "cibbie" ( vasche d'acqua) per lavare i panni. Si facevano aiutare dalle lavandaie perché il lavoro era molto impegnativo.

 I panni sporchi venivano portati nei pressi del fiume con le ceste sulla testa, arrivati a destinazione si accendeva il fuoco per preparare "a lussìa" ( lisciva, un bucato fatto di acqua bollente e cenere). 

Una volta lavati, i panni si stendevano sui cespugli per farli asciugare. Si tornava la sera, dopo una giornata faticosa, con le ceste in testa con i panni puliti.

Lavandaia con la cesta in testa verso la "Fiumarella"
(Disegno di Piero Arcuri)


1924 - Le lavandaie al fiume a fare "a lussìa" ( bucato con acqua calda e cenere).
Sui cespugli si vedono i panni stesi ad asciugare.



"AMMULA CURTIELLI"

Arrotino

Arrivava a Savelli nel mese di novembre per offrire il suo servizio a coloro che si preparavano alla mattazione del maiale. Si rivolgevano a lui sia i macellai che le famiglie che dovevano provvedere alla sezionatura del maiale. Per l'occasione si affilavano coltelli, forbici e asce di tutte le  dimensioni e utili per vari usi. 


Il suo grido era: "Ammola forbici e coltelli", oppure " Donne!!! E' arrivato l'arrotino"
(foto dal web)


"U CURTELLARU"

Venditore di coltelli

"U Curtellaro" veniva a Savelli una volta all'anno per vendere i suoi coltelli e coltellacci. Veniva dalla provincia Campobasso dove tradizionalmente esiste un artigianato adatto a questa produzione e, vista la distanza, faceva il giro di tutto il comprensorio. Girava per il Paese con due ceste, all'interno di esse vi erano collocati i coltelli di varie dimensioni con le punte rivolte verso il basso per motivi di sicurezza.


U CISTARU

il cestaio

Il cestaio era un mestiere molto richiesto perché il lavoro della campagna richiedeva l'uso di oggetti come ceste di varia misura, panieri, "fiscelle" ( piccolo cestello di vimini entro cui il pastore metteva la ricotta o il formaggio), che venivano usati quotidianamente dalle massaie, dai contadini, dai pastori.

Questa attività era rivolta alla fabbricazione di oggetti esclusivamente fatti a mano. Il materiale usato era "u vrullu",, uno giunco, uno stelo di salice, una frusta pieghevole molto adatta a fare panieri, ceste ecc

Con i vimini si rivestivano fiaschi, damigiane, in quanto questa fibra, se bagnata, dava la possibilità di mantenere fresco il  contenuto (vino, acqua).

Anni '80 (?) Costruzione di cestelli (foto dal libro di Maone)


Damigiane impagliate.
Il rivestimento favoriva il mantenimento al fresco del prodotto contenuto in esse.


"I PISCIARI".

I pescivendoli

I pescivendoli venivano a Savelli già nel 1760, come ricorda l'Ing. Tavolario Giuseppe Pollio nella valutazione del Feudo.

Provenivano dalle marine di Rossano (CS) e Cirò (KR) per fornire l'alimentazione e provviste, in particolare alici e sarde che le nostre massaie mettevano sotto sale.


"U PICIARU"

Raccoglitore di pece (la Resinazione)

Il Raccoglitore di pece la estraeva dai pini di cui è circondato il nostro Paese. L'albero veniva decorticato, si praticava un  taglio a forma "V" e si applicava nella parte più bassa un pezzetto di lamiera che serviva per incanalare la pece nel sottostante contenitore di creta, detto " gumbulillu" (piccolo vaso. orciuolo).

 La resinazione esisteva fin dai tempi dei Romani.

 A Savelli qualche famiglia porta ancora il soprannome di "Piciaru"

Raccolta della pece


"L'APARU"

L'apicultore

Fra l'altro, i nostri contadini si dedicavano anche all'allevamento delle api. Il miele prodotto veniva usta per confezionare  dolci casalinghi.

Qualcuno ne faceva uso anche commerciale per questo motivo gli fu dato il soprannome di "LAPARU"


"U CIRARU"

Ceraiolo o ceraio

Anche la cera era oggetto di lavorazione. Questo artigiano raccoglieva la cera prodotta dalle api e la forniva alle industrie. Oppure era lui stesso a produrre: torce, candele, lumini , cera per calzature.

Mestiere scomparso viste le nuove tecnologie di lavorazione.


"U LUPARU" 

Cacciatore di lupi

I lupi, una volta animali non protetti, infestavano le campagne della nostra Sila e distruggevano le greggi.

Il "luparu" li uccideva, li spellava, lasciava solo la testa, metteva dentro di essa un'arancia e, esibendolo come un trofeo, girava nei paesi e fra i mandriani, i quali, riconoscenti gli offrivano: formaggi, salami o altro. (leggi l'articolo sul vecchio luparo)

"u Luparu" girava fra gli allevatori. questuando, con la pelle del lupo sulle spalle, la bocca veniva tenuta aperta da un'arancia.
(foto dal web)

"u luparu" girava per i paesi chiedendo un'offerta. 
Durante il percorso i bambini lo seguivano timorosi e incuriositi 
(bozzetto di Piero Arcuri)


"U CRAPRETTARU"

Commercianti di pelli di capretto

I Craprettari si  occupavano di acquistare, quasi clandestinamente, le pelli di capretto. Questi animali venivano macellati di nascosto dai pastori per evitare il dazio e la visita veterinaria. 

"U Craprettaru " si occupava dell'acquisto delle pelli con molta discrezione.


"E PIEGHETTARE"

Piegatrici

Erano le donne che provvedevano al fare le pieghe alle "cammisole" (gonnella di gala delle donne in costume savellese ). 

Il lavoro doveva essere fatto con una certa precisione perché la gonna doveva cadere a campana in basso per dare conformità al bacino e potersi stringere, in alto, al cordone del "corpetto o curpiciellu" ( indumento del costume femminile adornato di trine sul davanti).

Tutto ciò senza la necessità di fermi e bottoni per potersi reggere.

1982 - zia Vincenzina "a Cardacchia" in costume tradizionale da cerimonia,

Commenti

  1. Se ti può interessare, in effetti la "lussia" non era acqua calda e cenere.
    Si metteva a bagno in una "quarara" tutta la biancheria, prevalentemente a colori chiari. Essi, a filo d'acqua, venivano coperti da altro capo di biancheria ben steso. Su di esso veniva posto uno strato consistente di cenere e si faceva bollire. Preferibilmente, al mattino seguente, si sollevava il telo su cui era stata posta la cenere e si sciacquavano i panni, resi di un bianco splendente, come se fossero nuovi. Tutto merito del potassio contenuto nella cenere.
    Anche per addolcire le ulive verdi si usava metterle a bagno con cenere e cavoli tagliuzzati. Oggi abbiamo la soda caustica che sopperisce alla primitiva lavorazione, a scapito della naturalezza del prodotto. Chi ce putimu hare. Un caro saluto.
    Angelo Pontiero

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  2. Mia mamma lavava a Culasantu le lenzuala per l'albergo dei genitori di Teresa ( zu ruminicu).
    Angelo Lio

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  3. Mi permetto precisare che a lussia (usata già dagli antichi romani), come giustamente dice Pierino, era appunto acqua bollente e cenere di legna. Si faceva facendo bollire in una quarara acqua e cenere ed i panni. L'azione sbiancante della cenere è dovuta al carbonato di sodio e carbonato di potassio, contenuti in essa, che sono sostanze basiche ( meno basiche, quindi meno pericolose, della soda caustica)
    francesco chiarello

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