"I TRIRICI SOLDI"

I miti, le leggende, i racconti fanno parte della cultura popolare, del  folclore e delle manifestazioni; ne caratterizzano il paese e il suo territorio e nello stesso tempo uniscono la comunità arricchendola di contenuti. 

Negli anni molte cose sono cambiate: il tempo e i mutamenti socio-economici hanno sovvertito molte abitudini, usi e costumi, ma, nel ricordo, abbiamo il dovere di dare il giusto valore a cose che non risultano più attuali.

Il racconto che vi propongo unisce storia, mitologia e leggenda.

Fino agli anni '50/60 del secolo scorso i ragazzini andavano dietro le mura del cimitero e, fra la terra che il becchino vi buttava, dopo aver ripulito le fosse dei morti, cercavano le monetine che venivano deposte nelle bare. 

Erano i "tririci soldi" (le 13 monetine) messi nelle tasca dell'abito del defunto.

Queste monete venivano chiamate "soldi papalini", ma nulla avevano a che fare con le monete dello Stato Pontificio.

Erano: "carrini" (carlini), monete napoletane coniate da Carlo II d'Angiò, oppure "rucati" (ducati), "tornesi", coniati a Tours in Francia, poi usate nel Regno di Napoli da Ferdinando IV di Sicilia.

Si trovavano anche le monete di rame  di 1,2,5,10 centesimi di lira, più moderne; quelle dell'Unità d'Italia con l'effige di Vittorio Emanuele II o di Umberto Primo.

Moneta Borbonica del Regno delle Due Sicilie

Moneta nel periodo della monarchia


le 5 lire del periodo della Repubblica


Con le monete trovate, alcune fuori corso, i ragazzi, tornati in paese, giocavano a "battamuru".

Il gioco consisteva, dopo aver fatto "allu tuaccu" (la conta),  nel battere la moneta al muro o contro una porta, poi, il secondo ragazzo faceva altrettanto; se questa si avvicinava alla prima ad una distanza non meno di un palmo, vinceva la prima moneta battuta. 

" Battamuru"
si poteva giocare con le monete o con i tappi appiattiti delle birre.
(disegno di Piero Arcuri)


Ma perché queste monete, che si trovavano dietro il Cimitero, venivano messe nella bara?

Secondo la credenza popolare le monetine messe nella bara servivano per pagare il nocchiere, Caronte, per l'attraversamento del fiume Acheronte e quindi passare nel mondo dell'Aldilà. 

Ma la leggenda vuole ancora che l'anima del defunto, prima di arrivare al Vallone di Caronte, doveva passare, naturalmente a piedi, l'erto del Pino Grande, attraversare il Cocuzzolo dell'Inferno (U Cozzariellu ro Mpiernu") e poi proseguire sempre verso l'Acheronte

Nella mitologia greca e in quella romana Caronte era il traghettatore delle anime dei morti.
Doveva portare le anime da un riva all'altra del fiume Acheronte, dopo aver pagato un obolo.
Chi non pagava era costretto a stare in eterno senza pace.
(Immagine dal web)

L'anima defunta, arrivata alla Fontana dei Gatti, aveva l'obbligo di lavarsi il viso per dimenticarsi di questo mondo.

La leggenda narra che, una volta, un'anima dannata, mentre percorreva la salita di Pino Grande, incontrò un asinello con sei zampe; lo guardò e gli chiese se lo portava in groppa perché era stanca. 

L'asino rispose che era lì apposta per fare questo lavoro e ricordò all'anima dannata che, quando sarebbe diventata asino a sei zampe, quest'impegno sarebbe passato a lei.

L'anima dannata rispose che non si sentiva di fare questo lavoro, ma l'asinello le ricordò che, in caso di rinuncia, sarebbe diventata un porco e sarebbe finita in pasto agli avvoltoi e ai pipistrelli giganti.

A questo punto l'anima dannata preferì proseguire a piedi e scomparve nella foresta.

Passò del tempo e l'asino continuò a fare la spola fra l'erto di Pino Grande e la Fontana dei Gatti.

Villaggio Pino Grande
(Savelli)

Un giorno l'asinello, stanco e sudato per il suo lavoro, incontrò un grosso "cursune" (biacco) con la testa di caprone, al quale confessò che non ne poteva più di trasportare anime dannate che risultavano molto più pesanti di quelle buone.

Il biacco lo rassicurò dicendogli che lui avrebbe raggiunto la Fontana dei Gatti strisciando e lì avrebbe lavato il viso e poi sarebbe passato nell'Aldilà.

Prima di incamminarsi verso La Fontana dei Gatti raccontò che proveniva da un paese lontano e abbandonato dove tutti erano morti; il suo nome era Acheronthia.

Il viaggio era stato lungo, aveva attraversato: il fiume Lese (Lete ?), "U Vullu e Jiruanti", la salita della Sila. 

Il resto del percorso gli venne indicato dall'asinello, il quale gli raccomandò di fare attenzione e di usare le buone maniere con il mostro, un toro con due teste, che si trovava presso "U Cozzariellu ro Mpiernu".

Infatti, incontrato il mostro, raccontò che era un'anima dannata che cercava la via della salvezza e che l'acqua della Fontana dei Gatti era provvidenziale e che faceva dimenticare  tutto e  tutti e che era pronta a pagare Caronte con le 13 monete (i tririci soldi) per attraversare il fiume e iniziare una nuova vita nel mondo dell'Aldilà.(1)

Così si conclude questo racconto che mette insieme mitologia, paesaggi reali e storia.

Voglio comunque ricordare che l'usanza di mettere "i tririci soldi" (le 13 monete) nella bara è continuata fino agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso.

Le persone anziane dicevano:  

" Mìntace 'ntra sacca i tririci soldi"

"Metti in tasca (del defunto) le 13 monete". 


I nomi mitici citati nel racconto: " U Vallune e Caronte"," U Cozzariellu ro Mpiernu", "A Funtana re Gatti, "Lese",  sono località realmente esistenti nel circondario di Savelli.

Per quanto riguarda Lese, il fiume che scorre vicino a Savelli, alcuni studiosi suppongono che ci sia stato un errore di trascrizione, e attribuiscono al Lese il significato di Lete; uno dei fiumi dell'oltretomba, il fiume dell'oblio della mitologia greca e romana. Il fiume che faceva perdere il ricordo del male.

Fiume Lese 
(Lete/Acheronte, secondo la mitologia)
E' uno dei corsi d'acqua della Sila.
 Attraverso un tortuoso percorso si congiunge al Neto.
Si colloca ai piedi di tre paesi: Cerenzia (Acheronthia), Castelsilano, Savelli.
(Foto dal web)


Nel racconto viene citata anche Acheronthia, una volta detta Punentum, di fronte a Savelli, oggi un ammasso di ruderi, fondata secondo alcuni dagli Aenotri, secondo altri da Filottete

Il movimento migratorio greco si era spinto anche lontano dalla costa che, benché  fosse una civiltà evoluta, risentì molto delle colonie greche del litorale (ad esempio Crotone)

Acheronthia era cinta da mura naturali e da dirupi e dominava e domina tutt'ora, da un parte la vallata del fiume Neto, dall'altra la valle del fiume Lese, che un tempo si chiamava Acheronte da cui la città prese il nome. (2)

Verso la metà dell'800 la popolazione si spostò verso ovest per la mancanza d'acqua e fondò l'attuale Cerenzia , paese della provincia di Crotone. 

Reperti ritrovati lontano dal litorale ionico, testimonianza che i greci si erano spostati all'interno

.
Ruderi di Acheronthia
(immagine dal web)

Il racconto ricorda inevitabilmente i nostri defunti e, vista la ormai prossima Domenica delle Palme,  la memoria ritorna all'origine della storia del nostro paese che nasce dalla tragedia che colpì i casali della provincia di Cosenza.

Il terremoto accaduto la domenica delle Palme del 1638,  colpì Scigliano(CS) e Carpanzano(CS) e altri casali della zona e obbligò la popolazione ad abbandonare le proprie case cercando sistemazione altrove.
La trovò nel territorio attualmente occupato dal nostro paese.
Le nostre origini nascono da lì.


Scigliano (CS)



Carpanzano (CS)


Savelli (KR)


Buona domenica delle Palme e Buona Pasqua a quanti seguono questo blog


Nota 1) - Racconto tratto da: "Savelli le nostre parole" di Gino Gentile. 

Nota 2) - Per saperne i più : "Cerenzia" - notizie storiche sulla citta antica, testimonianze sul paese- di Giuseppe Aragona- la Tipografia Editrice Crotone; articolo di Teodoro Torchia pubblicato su "Il Savellese dell'1-12-1984: "Citta Scomparse della Calabria- Acheronthia-" 


  

Commenti

  1. Grazie, molto interessante ,buon pomeriggio
    T. M.

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  2. Ho visto il Blog... non sapevo che i nostri avi raccoglievano le monete lasciate nelle bare per i loro Cari. Mi ricordo però, con piacere, che negli anni 50/60 con i miei rughitani giocavamo a battimuro con le monete dell'epoca: 10, 20, 50, 100 lire in metallo. Tonino

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