VERSO L'UNITA' D'ITALIA
"...Il desiderio del vigneto e dell'orto diventò una febbre ed il piccone continuò a macinare sassi, |
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Savelli visto da Castelsilano |
Continua il racconto della storia del nostro paese.
L'11 Maggio del 1860 Garibaldi sbarcò a Marsala, si diresse verso Salemi dove proclamò la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II, ottenne la prima vittoria a Calatafimi e la conquista di Palermo.
La potenza borbonica incominciò a vacillare. Iniziarono così dei cambiamenti nel sud dell'Italia.
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L'11 Maggio 1860 Garibaldi sbarcò a Marsala (Immagine dal web) |
Ma da questi nuovi avvenimenti cosa si aspettava la popolazione meridionale/savellese?
Qual era la situazione delle nostre contrade?
Qualcuno di Savelli seguì Garibaldi nella sua impresa?
Ai Savellesi i grandi avvenimenti non interessavano granché, perché ritenevano fossero molto lontani dalla loro realtà. Però, approfittando della confusione generale, capirono che era giunto il momento di chiedere giustizia e far ravvedere i baroni circa i loro comportamenti scorretti.
Il problema era sempre la Terra e le ingiustizie dei Baroni.
La gente vedeva Garibaldi come colui che avrebbe risolto il problema della fame e dell'oppressione sociale e non come liberatore dall'oppressione politica.
La mattina del 16 agosto del 1860 la campana della Jiesulella (Chiesuola) chiamò a raccolta il popolo.
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Vecchio campanile della Chiesa di Santa Maria delle Grazie "Jiesulella" Anni ' 80 del secolo scorso prima della ristrutturazione. |
Uomini e donne, armati alla meglio, con a capo il Sindaco e il Segretario Comunale si recarono a Verzino e a "Frea" per modificare i confini fra i due paesi.
Si tracciarono nuove delimitazioni a Frea, alla Fratta e nei terreni vicini. Si prese possesso del fondo di Cropisìa (Sila di Savelli) e dello Scavo. Si ottennero le chiavi dei Mulini di "Misuolo".
Il Segretario Vecchio fu l'unico che si rese conto che quell'atto era violento e inutile, ma fu costretto ad accettare lo stato di fatto.
"I giustizieri", rientrati a Savelli, occuparono il Municipio ed esonerarono il segretario Vecchio e lo sostituirono col sig. Luigi Antonio Susanna, uomo dotto, fedele assertore dei diritti del popolo. Inoltre fu abbattuto un intero castagneto in località "Mafìa" che, insieme a "Misuolo" il popolino riteneva essere di proprietà comunale e non feudale.
Bisognava dare veste legale ai fatti compiuti con la violenza, così fu deciso di mandare un gruppo di persone armate a San Pietro Apostolo (CZ) per convincere l'Agente demaniale Antonio Minervino a recarsi a Savelli per compiere le giuste verifiche.
Il popolo e il clero accolsero il Minervino con archi e spari in segno di giubilo.
Uomo coscienzioso e imparziale decise di fare giustizia nominando tre agrimensori di Castelsilano e tre periti di Savelli: Salvatore Anania, Salvatore Greco e Francesco Manfredi.
In breve fu fatta verifica e ai comuni di Verzino e di Savelli furono restituiti i terreni usurpati. Terminate le operazioni, si dovevano pagare i tecnici che avevano effettuato le operazioni, ma la Cassa Comunale era vuota.
Fu fatta una colletta fra la popolazione per riuscire a saldare il conto..
Il Comune rientrava in possesso dei suoi terreni dopo mezzo secolo di occupazione abusiva.
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Panorama di Verzino (KR) con le sue grotte rupestri (Foto dal web) Panorama di Savelli (KR) |
La gioia fu temporanea perché fra 1860 e il 1861, a causa di spiacevoli situazioni dovute al brigantaggio e ai soldati borbonici sbandati, non fu possibile riscuotere le imposte sulla terra.
Ad aggravare la situazione, il sacerdote don Giuseppe Rotundo, "Donnu Peppuzzu", sollecitato da Padre Clemente da Sersale (CZ)e dal Cav. Verardi di San Giovanni in Fiore, organizzò una piccola insurrezione in favore dei Borboni.
Il 29 gennaio 1861 la Guardia Nazionale e i Carabinieri fermarono, nel territorio di San Giovanni in Fiore, tre individui sospetti. Fra questi c'era padre Clemente da Sersale che aveva in progetto di raccogliere gente in favore di Francesco II con la promessa di una paga di tre carlini al giorno.
Anche Ferdinando II era convinto di creare una roccaforte borbonica sull'Altopiano Silano, ma non fu così, perché due uomini di spicco: Donato Morelli, governatore della provincia di Cosenza, e Pasquale Monaco di Spezzano della Sila, giudice titolare di San Giovanni in Fiore, conoscendo la situazione, agirono con giudizio e riuscirono a tenere sotto controllo il contesto così difficile, anche con l'aiuto del Clero.
Intanto la marcia di Garibaldi verso Napoli continuava senza troppi ostacoli, anzi incontrò anche i favori del popolo che aveva la speranza di ottenere le terre.
Un nostro avo, tale Caligiuri Giuseppe " Guastacruci", condivise l'impresa e si unì ai Mille di Garibaldi.
Gli effetti positivi del nuovo corso si notarono quando Garibaldi, giunto a Rogliano (CS), il 31 Agosto del 1860, proclamò l'uso gratuito del pascolo e della semina di tutte le terre del demanio e della Sila.
Il sogno della terra, usurpata da baroni e latifondisti, sembrava rinascere nei contadini.
In Sila di terra da coltivare ce n'è tanta!
I contadini e i pastori si riunirono e cantarono con chitarre e fisarmoniche:
"Tira lu vientu,
cara lu cerasu
Franciscu fuja,
Garibaldi trasa!"
Tira il vento,
cade il ciliegio
Francesco scappa, (Francesco II, detto Franceschiello, ultimo re di Napoli)
Garibaldi entra."
Il primo atto che fece Garibaldi a Rogliano fu quello di nominare Donato Morelli governatore della Calabria Citeriore (la parte settentrionale della regione) con pieni poteri.
Subito dopo decretò:
- l'abolizione della tassa sul macinato, eccetto il frumento
- la riduzione del prezzo del sale (elemento indispensabile perché serviva per la conservazione degli alimenti)
- l'uso gratuito per pascolo e semina delle terre demaniali della Sila per gli abitanti di Cosenza e dei Casali.
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Giuseppe Garibaldi (immagine dal web) |
Allontanatosi Garibaldi, il Governatore Donato Morelli, sotto la pressione dei latifondisti, il 5 settembre 1860 pubblicò il "Decreto Sila" in cui si specificava che:
"l'esercizio degli usi civici non doveva, in ogni caso, pregiudicare il diritto dei proprietari a far valere le proprie ragioni".
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Donato Morelli Rogliano (CS) (1) |
Il sogno secolare dei contadini durò pochi giorni; vennero vanificate così le speranze di riscatto del popolo.
Questi avvenimenti, secondo alcuni storici, diedero vita a due fenomeni per quei tempi molto rilevanti:
- LA RIPRESA DEL BRIGANTAGGIO
- L'EMIGRAZIONE
La delusione fu enorme e la reazione del popolo non si fece attendere, infatti il 31 ottobre del 1861, giorno del Plebiscito, sul campanile della Chiesa di Savelli veniva issata la bandiera borbonica e in piazza si gridava:
"Viva Francesco II. Abbasso Garibaldi!!"
La bandiera borbonica aveva preso il posto di quella tricolore ed era stata messa da tale Francesco Manfredi "Abbrazzu".
Le bandiere borboniche del Regno delle Due Sicilie furono tre, in tre periodi diversi:
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La seconda bandiera fu adottata dal 1848 al 1849 |
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La terza bandiera del Regno delle Due Sicilie è stata usata dal 1860 al 1861 (immagini dal web) |
Come si può notare la situazione in quel periodo non era molto chiara. Il popolo era sempre più disorientato.
L'11 Febbraio 1861, la sera dell' "Alzata di Carnevale", venne a Savelli da San Giovanni in Fiore, un messo che prometteva, a quanti lo avessero seguito alla "Torre di Jermano", 6 carlini al giorno.
In questa località avrebbero trovato altri rivoltosi. Ma la notizia che Garibaldi aveva conquistato Gaeta scoraggiò tutti.
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Francesco II e Maria Sofia lasciano Gaeta dopo la capitolazione. |
Così i 300 derelitti savellesi se ne tornarono delusi nelle loro modeste dimore.
Fra i rivoltosi, sostenitori della causa borbonica, va ricordata la figura di "Donnu Peppuzzu" che, insieme ad altri sacerdoti finì in carcere a Cosenza e a Catanzaro.
Fu scarcerato il 19/10/1862; durante la sua prigionia scrisse la sua autobiografia con cenni storici sulla nascita di Savelli. (2)
Gli avvenimenti turbolenti imposero la presenza di militi piemontesi che si recarono a Savelli per controllare la situazione.
Protagonista fu anche un altro sacerdote portatore di idee liberali e sostenuto dalla parte più progredita della popolazione: don Vincenzo Mancuso.
Questi scampò, per pura fortuna, ad a un attentato perché la palla sparatagli dalla scala della Chiesa si conficcò nel muro ad un palmo dalla sua testa.
Si racconta che il mancato omicidio era stato causato perché l'attentatore aveva sbagliato a contare i gradini della Chiesa. Il colpo era stato sparato dal 17°gradino, invece che dal 18°.
L'incalzare degli eventi rese necessaria l'istituzione della Guardia Nazionale in Savelli (1861) (3).
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Guardia Nazionale (immagine dal web) |
A capo della Guardia Nazionale, composta da 130 persone, fu messo don Vincenzo Mancuso.
Il più giovane dei soldati era un 21enne, tale Maone Gianbattista, nonno di Pericle Maone, autore del libro "Savelli nella Tradizione e nella Storia."
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1983 Incontro dei reduci della Prima Guerra Mondiale. Il nonno di Pericle Maone, in piedi con il bastone, fece parte della Guardia Nazionale di Savelli |
All' Arciprete Mancuso , per gli ottimi servizi resi alla causa italiana e a Savelli, fu assegnato un vitalizio.
Con un maggiore controllo del territori Savelli riprese la sua normalità.
Il Comune nel 1862 era in forti difficoltà economiche, anche perché gli eredi dei Baroni: Barberio Toscano, Ferrari, Passalacqua avevano sempre riscosso abusivamente (dal 1811 al 1860) le annualità dei terreni.
Tali somme non erano mai state restituite al Comune seppure tali terreni erano stati assegnati allo stesso Comune dal delegato Minervino nel 1860.
Inoltre l'Amministrazione di allora aveva altre necessità :
-le fontane,
- il Camposanto,
- la riparazione della Chiesa,
- la sostituzione delle 2 campane.
Il quel periodo si cercò di riparare il ponte di Senapite e le altre strade che erano state devastate dall'alluvione del 1855.
Essendo il contenzioso con i Baroni ancora aperto, la baronessa Passalacqua propose una conciliazione.
Sulla vertenza il Comune si oppose decisamente.
Nel 1863, il Prefetto, che avrebbe dovuto ratificare l'opera dell'Agente Demaniale Antonio Minervino,, asserì che questi aveva il compito di fare una semplice verifica, ma non di decidere l'assegnazione dei terreni.
I Baroni ancora una volta vinsero e si ritornò al feudalesimo.
Ed ecco che le lotte per la terra contro i Baroni continuarono.
Il Comune non si rassegnò e continuò il conflitto contro gli sfruttatori con coraggio.
Vengono avviate nuove e costose revisioni. Per sostenere le spese dell'operazione il Comune fu costretto a contrarre un debito di Lire 2000. L'incertezza della situazione durò per tutto il 1865 e il 1866.
Nel luglio del 1867 arrivò un flagello: il colera!
Vomito e diarrea colpirono la popolazione. Qualcuno fu costretto a rientrare frettolosamente dalla campagna. La prima vittima fu Maria Mancuso, moglie di Antonio Pontieri.
Per disposizioni delle autorità fu seppellita fuori dall'abitato, alla "Petra a Cavallara" in località "Manche". Il luogo corrisponde all'attuale cimitero.
Per l'aumento della mortalità s'impiantò un lazzaretto presso la vecchia "Cupola", a ponente del paese.
Folli dicerie nacquero in seguito a questo morbo. C'era chi dava la colpa al governo, chi al sindaco che spargeva la magica "purverella" (polverina) attraverso il buco della serratura per diffondere il male.
Queste cose fanno certamente ridere, ma, a quel tempo, queste credenze erano molto diffuse in tutta la popolazione, anche in quella più sapiente.
Il morbo seminò un centinaio di vittime. Mentre per la loro opera meritoria si distinsero: il sindaco, il dott. Susanna e le persone che facevano parte del Comitato di Salute Pubblica.
Passato il flagello si tornò al solito problema delle terre.
Nel 1868 il Comune fu costretto a rendere alla vedova del barone Passalacqua i beni concessi dal Minervino.
Virtualmente la lite finì, ma non il rancore, l'odio, il sangue per le ferite che rimasero sempre aperte.
Mentre i nostri avi litigavano per le terre, dopo il 1860, il brigantaggio andava assumendo proporzioni allarmanti.
Le bande che scorrazzavano nelle nostre contrade non erano poche, non mancavano inoltre ladri e sbandati.
La Terra rimaneva ancora un miraggio...
Ho cercato di fare una sintesi di un periodo storico particolarmente controverso facendo riferimento ad avvenimenti accaduti prevalentemente a Savelli e nel territorio circostante che, comunque, sono sempre collegati alle vicende di più vasta portata. (4)
👈DOMINAZIONE PRECEDENTE: Restaurazione Borbonica
👉DOMINAZIONE SUCCESSIVA: Il Brigantaggio
🏠CRONOLOGIA DELLA STORIA DI SAVELLI
Nota 1) - Donato Morelli (10/04/1824 - 9/10/1902). Partecipò all'insurrezione calabrese del 1848. Prese parete alle cospirazioni liberali del Regno delle Due Sicilie. Durante l'impresa dei Mille fu nominato Governatore della Calabria Citeriore da Garibaldi. Contribuì alla resa delle truppe dell'esercito borbonico a Soveria Mannelli (CZ). Fu deputato al Parlamento di Torino, Firenze , Roma dal 1861 al 1866. A più riprese fu sindaco di Rogliano(CS).
nota 2) - Bibliografia: "Savelli nella Tradizione e nella Storia" di Pericle Maone vol. II; " Savelli nella Tradizione e nella Storia di G.B. Maone vol. III; "Don Giuseppe Rotundo alias Donnu Peppuzzu" di Pietro Pontieri.
Nota 3) - La Guardia Nazionale era un corpo costituito da tutti i cittadini atti alle armi, i quali non prestavano servizio permanente, ma dovevano intervenire in caso di pericolo per mantenere l'ordine. A seconda dei periodi e dei territori assunse ilo nome di Guardia Civica, Comunale o Urbana. In Italia fu presente nel periodo napoleonico, dal 1861 istituita nel nuovo Regno d'Italia. Alcune unità parteciparono alla repressione del brigantaggio. Fu sciolta nel 1876.
Nota 4) Per approfondire: "Tirate al Petto! La Calabria Citeriore nel Risorgimento" di Sole Giovanni ( consultabile anche sul web).
Grande Piero per tenerci informati sulle nostre storie passate.
RispondiEliminaComplimenti. E buon lavoro.