I BARBERIO TOSCANO

"...Il desiderio del vigneto e dell'orto diventò una febbre ed il piccone continuò a macinare sassi,
ad attaccare in pieno zone scoscese... Per correggere le forti pendenze del terreno fu necessario un lavoro titanico di muri su muri, di pietre a secco... nel quale i nostri avi bagnarono di sudore ogni benché minima zolla di terra... Per chi voglia farsene un'idea non ha da far altro che guardare il territorio di Savelli da Castelsilano... ".
(Pericle Maone)

Panorama Savelli visto da Castelsilano


SAVELLI SOTTO LA GESTIONE DEI BARBERIO TOSCANO

Si ricorda che, nel 1746, il Feudo, di Verzino di cui Savelli faceva parte, fu confiscato a Nicola Cortese II Iuniore per fellonia (a causa della cattiva gestione) dai Borboni.

Dal 1746 al 1761 Savelli fu compreso nei beni della Regia Camera. Questo fu un periodo particolarmente felice per il paese perché migliorarono le condizioni economiche e ambientali. 

Le abitazioni che inizialmente erano pagliai o capanne fatte di pietra e di  argilla, coperte con le "raganelle" ( rozze tavole costruite con la sola scure), si ridussero a poche; piano piano, intorno al palazzo ducale, sorsero case in fabbrica anche di due piani.

I Borboni, per quanto fiscali, lasciavano vivere, vista anche la lontananza. 

Infatti nel 1786, con una pergamena custodita nell'archivio parrocchiale, Re Ferdinando concedeva l'Assenso alla fondazione della Congregazione del SS Crocifisso (1) con sede presso la piccola chiesa di S. Maria delle Grazie, già esistente dal 1682.

"a Jiesulella" fu sede della Congregazione del SS Crocifisso, vi si celebravano messe e altri riti divini, veniva usata anche per la sepoltura.
 Una parte del fabbricato di  destra serviva come deposito delle derrate. 

Queste felici condizioni economiche e di pace non durarono a lungo perché il Feudo nel 1762 fu affidato al Sig. Nicola Barberio Toscano di San Giovanni in Fiore, uomo malvagio e ingordo che, cercando di acquistare il Feudo, rese dura la vita dei coloni.  

Questo Signore fu inizialmente Regio Conduttore, affittuario e uomo di fiducia del Governo borbonico, però, avendo in animo di comprare i tre Feudi: Verzino, Savelli e San Maurello (oggi San Morello) iniziò con le vessazioni con lo scopo di ammucchiare denaro necessario all'acquisto.

La gente, col tempo incominciò a perdere diritti sui terreni feudali, diritti di pascolo, di allignamento, mentre diventavano sempre più esosi gli affitti dei terreni e i tributi.

La famiglia Barberio Toscano era composta oltre da don Nicola, dal figlio don Andrea, dai fratelli don Saverio e don Tommaso, Cavaliere di Malta.

Don Nicola, più degli altri, uomo violento, crudele, rapace, ingordo, un "lupo", pronto mettere sul lastrico i nostri lontani antenati.

Le continue ingiustizie avevano reso difficile la vita dei cittadini di Savelli e  di Verzino. Incominciarono così i primi reclami e le prime proteste presso la corte di Napoli.

Fra le persone che reclamavano maggior rispetto dei diritti popolari in Savelli vi furono: don Vincenzo Arcuri, sacerdote dotto, stimato e rispettato e un tale Scalise, detto "Giando".

Don Vincenzo organizzò un'azione di lotta e di protesta contro l'ingordigia del ricco che voleva accumulare denaro a discapito dei poveri, di contadini, di operai. di artigiani ecc.. che abitavano allora Savelli.

Al Nostro Prete-Eroe-Pastore erano ben noti i sistemi e i mezzi usati dal barone.

Nonostante tutto riuscì ad organizzare una delegazione di cittadini da lui stesso guidata e si recò a Napoli per denunciare i soprusi e le angherie subite dalla popolazione da parte della famiglia Toscano. 

Don Nicola, irritato da questa iniziativa, non tardò a mettere in pratica la sua vendetta esemplare in modo che potesse servire da esempio per tutti coloro che volessero ribellarsi. 

Fece rapire il sacerdote e, nel cortile del Palazzo Baronale, lo sottopose ad un atroce martirio.


 Veduta del Palazzo Baronale e del suo cortile.
Attualmente sede del Palazzo Comunale, dell'Ufficio Postale e dei Carabinieri. (bozzetto Gino Gentile) 

Lo fece passare, legato a cavallo di un mulo, sotto un giogo; il sacerdote, ricevendo un colpo violento allo stomaco dal palo posto di traverso, ne ebbe la schiena spezzata.

Poi fu portato in piazza morente, stette in agonia diverse ore assistito da Ambrogio, cappuccino di Pedace, a Savelli per le prediche Quaresimali e dal sacerdote di Savelli don Ferdinando Scigliano.

Le vignette di Salvatore Mazzei rappresentano la tragica morte di don Vincenzo Arcuri.

Don Vincenzo Arcuri era perfettamente cosciente del pericolo cui andava incontro nello sfidare il barone per difendere i diritti della popolazione, ciò non fa altro che aumentare i suoi meriti.

In previsione di quanto doveva accadere (17 marzo 1796 data del suo assassinio), il sacerdote, il 9 febbraio 1796,  aveva fatto il testamento a favore del fratello Mastro Saverio Arcuri.

Il delitto rimase impunito e anche il povero "Giando" ne subì le conseguenze, fu costantemente perseguitato e visse la sua vita in estrema miseria.   

Il sacerdote Rotundo (Donnu Peppuzzunel ricordare nei suoi scritti l'episodio, conclude dicendo che il Signore, negando alla famiglia Toscano la discendenza maschile (2), rendeva manifesta la sua maledizione.

L'episodio lasciò ammirazione e compianto nei nostri avi tanto da custodirne gelosamente la memoria.

La sua è stata una lotta contro le angherie, le ingiustizie e il potere scellerato del tempo, valori universali che non hanno tempo.

Il suo sacrificio ci presenta Don Vicenzo come una persona viva in mezzo alla gente, difensore dei diritti dei più deboli e quindi apprezzata dai nostri avi, per questo motivo e per i  valori per cui ha lottato, il Consiglio d'Istituto della Scuola Media di Savelli ha intitolato a lui la scuola.

In seguito a questo episodio la speranza di far valere i propri diritti di fronte alle ingiustizie dei prepotenti si affievolì. Però, seppure lentamente, nella lontana Calabria incominciò ad arrivare il soffio della Rivoluzione Francese (1789) e piano piano le popolazioni incominciarono ad uscire dal letargo feudale. 

In nome della Francia nel Gennaio del 1799, il generale Championett occupò Napoli e proclamò la Repubblica Partenopea, dicendo di voler difendere la vita, la religione, la proprietà. 

Il re Ferdinando fu costretto a ripararsi in Sicilia portando con sé tesori, denaro, mobilio e biancheria. Savelli e Verzino vissero queste vicende con un certo disinteresse, anche perché la Repubblica Partenopea durò solo cinque mesi.

Intanto nel 1799 un altro episodio scosse la vita del paese che incominciava, al suo interno, ad essere inquieta. 

Nel mese di settembre del suddetto anno il sacerdote don Raffaele Caligiuri, di famiglia agiata, offendeva pubblicamente il concittadino Giovanni Mancuso detto "Cicinu", definendolo "cornuto pagato". 

In altri tempi la cosa non avrebbe avuto conseguenze, ma il vento era cambiato e "Cicinu" così rispose: "Sarò cornuto ma non pagato. Questa me la pagherai !".

Il Caligiuri non diede molto peso alla minaccia e non considerò alcuna cautela. Il 25 settembre del 1799 si presentò l'occasione e "Cicinu" ne approfittò. Il sacerdote, rientrando alle due di notte a casa, fu freddato con una palla al petto.

L'uccisore si dava alla macchia orgoglioso della vendetta raggiunta. Questo episodio può farci dire che Giovanni Mancuso detto "Cicinu" fu il primo brigante di Savelli.

Nel 1804 fu perfezionata la vendita dei feudi di Verzino e di Savelli secondo l'apprezzo del Polliocioè feudale per feudale, burgensatico per burgensatico, anche se la famiglia Toscano li avrebbe voluti in piena proprietà convertendo le qualità feudali in qualità burgensatiche 

Alla Real Corte restava la sola giurisdizione

Agli eredi dei Cortese, in rimborso, vennero dati dei tenimenti nel casale di Trentola (Caserta).

I Barberio Toscano, nonostante che nell'atto di vendita fosse stata ribadita l'abolizione di tutti i diritti proibitivi, continuarono ad esercitarli per favorire il loro interessi, creando malcontento nella popolazione.

Il Governo borbonico contribuì anch'esso ad accrescere il disagio aumentando al massimo la tassazione per sostenere le crescenti spese. 

Intanto i Francesi erano alle porte...


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Nota 1) Il nome del fondatore della Congregazione del SS Crocifisso fu fatto da Michele Astorino "Zarrettu" agli autori del Libro Savelli nella Tradizione nella Storia. Zio Michele, che era stato confratello della Congrega, racconta che una preghiera testualmente diceva: "preghiamo per fra Gesualdo, fondatore di questa Congregazione".  Questo nome. pare debba identificarsi in Filippo Gesualdi di Castrovillari, Generale dei Minori Conventuali.

Nota 2) Il Barone Andrea Barberio Toscano ebbe tre figlie che sposarono i Baroni: Ferrari, Passalacqua e Berlingieri. Il Barone Ferrari ereditò i beni di Savelli e una contrada ne ricorda il casato.

Commenti

  1. Complimenti, ci stai facendo conoscere la storia del nostro Paese e delle varie vicissitudini occorse ai nostri avi. Tonino

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  2. Non pensavo che Savelli avesse vissuto una storia così forte di soprusi e malvagità. Ma d'altronde è una storia che si ripete fino ai nostri giorni. 👋

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