QUANDO A SAVELLI NON C'ERA LA SCUOLA MEDIA

Savelli nel periodo che va dal 1950 al 1960 superava i 3000 abitanti e aveva una popolazione scolastica abbastanza numerosa.

Le classi superavano i 30 alunni e c'erano le sezioni maschili e femminili.

Il percorso scolastico terminava con la quinta elementare e con un esame si otteneva il diploma. La scuola dell'obbligo terminava qui. 

Alla fine degli anni '50 (1959 ?)  si istituì la Scuola Media a Savelli, così gli studenti ebbero l'opportunità di frequentare il corso di studio in paese. Anche i ragazzi di Verzino, paese limitrofo, frequentarono inizialmente le Scuole Medie del nostro paese.

Inizi anni '60 
Gruppo di alunni e insegnanti della Scuola Media Inferiore
.

a.s. 1963/64 
 Scuola Media Inferiore di Savelli, classe 3^A

Da sinistra in alto:
- Prof di Matematica. ?
- Prof.ssa di Italiano, Farinella
- Prof. di disegno, Guarino.
Alunni:
- Lina Torcasso
- Rosa Frontera
- Rosa Benincasa
- Serafina Bilotta
- Lina Bottaro
- Saveria Levato
- Filomena Barbaro
- Nellina Cortese
- Salvatore Rotundo
-Pietro Pontieri
- Antonio Arabia
- Giuseppe Canfora
- Salvatore Greco



Va ricordato che per poter accedere alla Scuola Media bisognava fare, alla fine della quinta elementare, un esame di ammissione. Quest'esame fu abolito, se non ricordo male, nel 1960, infatti i nati nel 1950 si iscrissero alle Medie senza sostenere questa prova.

Il percorso scolastico prevedeva due corsi: uno dove si studiava il latino, frequentato per lo più da ragazzi/e che avevano intenzione di continuare gli studi; l'altro corso era chiamato "avviamento al lavoro". 

Nel 1962 la Scuola Media Inferiore fu unificata.

Inizialmente le aule e gli uffici della Scuola Media erano ubicati in case private, a sinistra e a destra del terrapieno di via Roma: "Case Maone".

Via Roma
Disegno di Salvatore Mazzei


In seguito fu costruito un edificio che ospitò sia le Scuole Medie che l'Istituto Professionale.

Non tutti i ragazzi avevano allora la possibilità di studiare. Imparare un mestiere e andare a lavorare era più importante e necessario. Però lentamente si cominciava a capire che lo studio avrebbe migliorato la condizione sociale e avrebbe dato più opportunità.

"Si tena capu u fazzu studiare

"Se ha la testa giusta (la giusta volontà/capacità) gli permetto di studiare".

Così dicevano  i genitori di allora con un certo orgoglio, facendo intendere, però, che questa scelta sarebbe stata un sacrificio per l'intera famiglia.

a.s.1963/64
I prof. delle Scuole Medie:

In piedi da sinistra
- Prof. di disegno, Guerino
- Prof. di italiano, Totò Chiarello
- Prof. di italiano/ Latino, Pietro Gualtieri
- Prof. di Musica, Faga.
Seduti:
- Prof.ssa di Italiano, Farinella
- Prof.ssa di Italiano/ Latino, Farinella
- Prof. di Economia Domestica, ?
- ???
- Prof di Matematica. ??

Ma prima degli anni '60, quando a Savelli non c'erano le Scuole Medie, i ragazzi che volevano studiare dove dovevano andare?

Quali sacrifici dovevano fare?

Le famiglie quali spese dovevano affrontare?

Nella convinzione che dobbiamo aver cura del nostro passato, soprattutto di quello che ci offre aspetti positivi e ci trasmette valori, vi propongo un racconto che mi ha fatto pervenire un caro amico circa la sua esperienza di giovane studente nel periodo in cui le scuole medie a Savelli non c'erano. 

L'esperienza è sicuramente personale, ma in esso troviamo spunti di vita savellese e aspetti storico/sociali molto più ampi, per questo vi invito a leggerlo in modo che possa diventare patrimonio comune e, certamente, darà qualche risposta alle domande appena fatte.


"Negli anni '50 la Scuola Media non era stata ancora istituita. Perciò, chi voleva continuare a studiare doveva andare via dal paese. 

Alcuni ragazzi andavano dai parenti che abitavano a Strongoli, oppure a Crotone. Tutti gli altri andavano nei vari conventi del sud, delle Marche, della Puglia o della Campania, dove si pagava sì, ma la retta era accessibile (e questo spiega la penuria di cibo che ricevevamo).

La condizione per essere accettate era innanzitutto la promessa di prendere in futuro i voti, e poi, cosa fondamentale, le referenze del nostro parroco dovevano essere buone.

Così, finita la quinta elementare e fatti gli esami a Cirò Superiore (1), a settembre andai ad Ascoli Piceno con mio padre. 

Ma qui ci aspettava una brutta sorpresa: il nostro parroco aveva scritto che la nostra famiglia non frequentava molto la chiesa (e non c'è da stupirsi: i miei genitori lavoravano giorno e notte per mantenere la famiglia e non conoscevano giorni festivi) e in più, cosa maggiormente grave, che mio padre era comunista anche se non attivista: questo, nell'Italia di quegli anni era considerato peccato mortale! Ricordiamo, per inciso che nelle elezioni politiche del 1948 qualche manifesto della DC (Democrazia Cristiana) proclamava:

 "Nella cabina elettorale Stalin non ti vede, ma Dio sì" !!! 

Manifesto che Giovannino Guareschi, scrittore e umorista, fece per la Democrazia Cristiana nelle difficili elezioni del 18 Aprile del 1948, in contrapposizione al Fronte Popolare ( Socialisti e Comunisti).

Così dovetti tornare a casa e quell'anno frequentai la Sesta Classe.

A Savelli avevano istituito, dopo la V elementare, le classi VI,VII e VIII  tenute dagli stessi maestri della scuola elementare e assicuravano che gli studi sarebbero stati riconosciuti. (2)

Ma poi si cominciò a vociferare che il titolo di studio non era legale e perciò l'anno seguente partii per un'altra avventura.

NEL CONVENTO DI TREPUZZI (LE)

Avevo 12 anni quando la mia vita cambiò drammaticamente, fui sradicato dagli affetti, dagli amici, dal mio piccolo mondo dove c'era, sì, qualche sofferenza, ma era comunque compensata dalla spensieratezza, dall'attesa del gioco, dalla benevolenza della mamma alla quale facevo ricorso quando avevo qualche problema.

Fui catapultato in un mondo estraneo, freddo, burbero, fatto solo di doveri e punizioni: andai nel Convento dei Padri Passionisti per frequentare la Scuola Media.

Trepuzzi è in Puglia, vicino a Lecce, e vi andai con mio padre ed altri compagni di Savelli, fra cui il mio caro amico Tommaso Fazio; ci portò in macchina Umberto Frontera (Savoia).

Convento dei Padri Passionisti di Trepuzzi (Lecce).
(Foto dal web)

Mio padre non fu tenero, mi lasciò lì con queste parole che porto ancora scolpite nella mente:

"Vedi quello che devi fare, se torni a casa sai cosa ti aspetta".

E così entrai in un mondo sconosciuto.

Eravamo tutti spaesati, provenivamo da un mondo agreste, solare, pieno di suoni, da una vita trascorsa prevalentemente all'aperto e fummo rinchiusi fra mura tetre e silenziose.

Ci muovevamo fra sussurri, sguardi biechi e sospettosi. C'erano tante regole da rispettare, quella del "Silenzio" la imparai subito e non la dimenticai più.

Ero lì soltanto da due giorni e ancora non riuscivo ad orientarmi e così chiesi ad un compagno dove si trovasse il refettorio. Alla fine del refettorio c'era un frate che mi fece cenno di avvicinarmi a lui; ubbidii prontamente e come gli fui davanti mi disse di stendere la mano. Non riuscivo a capire, ma feci come mi aveva ordinato; me la prese e la tenne tesa e tirò fuori da dentro il saio una lunga chiave di ferro: mi battè con quella sulle nocche per tre volte e disse:

 "Non si parla".

Il dolore e la rabbia li sento ancora, le lacrime scendevano senza singhiozzi; in seguito ai colpi si formarono sulle dita ematomi e cordoni di colore blu che passarono solo dopo tre mesi.

Questo fu il benvenuto.

Quel primo anno fu un incubo, ero frastornato, pativamo tutti la fame (abituato a casa dove non c'erano tanti soldi ma il cibo era buono, abbondante e non mancava mai); a scuola non rendevo e fui bocciato.

Quell'estate non ritornai a casa, avevo paura che mio padre non mi mandasse più: anche se questo era l'inferno sapevo che fare il contadino sarebbe stato peggio, perché avevo provato e non mi piaceva.

Cominciai di nuovo la prima media; ormai mi ero ambientato e studiai talmente volentieri che ottenni la migliore media della scuola, fu anche così in seconda, e il mio nome fu iscritto su una pergamena dove erano riportati i primi del corso.

Tanti episodi sono rimasti così vividi nella mia mente, che quando ci penso mi sembra di essere ancora lì.

Il mio caro e compianto amico Tommaso Fazio era con me, stavamo sempre insieme, ma lui non resistette molto: aveva nostalgia di casa e quando vedeva delle luci lontano diceva che era Savelli e piangeva (da grande divenne un cantore della vita savellese e infatti scrisse molte poesie dedicate al nostro amato paese, che denotano la sua sensibilità). (3)

C'era un cortile fuori dalla scuola, dove facevamo ricreazione; io e lui avevamo imparato a riconoscere le erbe commestibili e le mangiavamo crude perché avevamo sempre fame.

Da casa ci mandavano di tanto in tanto i pacchi con il cibo, ma sempre dovevamo condividerlo con tutti i convittori (eravamo in tanti, almeno 70).

Un giorno una signora che abitava lì vicino, propose al priore di portarci nella sua proprietà dove c'erano alberi di fichi, per farceli mangiare. Così un mattino ci fu detto di prendere il nostro pezzo di pane e, senza fare colazione, né avere spiegazioni, ci incamminammo nella campagna.

Eravamo molto incuriositi, facevamo congetture, ognuno chiedeva al compagno se sapeva dove ci avrebbero portati, ma non osavamo fare domande ai monaci che ci accompagnavano.

Arrivammo ad un fondo, nelle vicinanze del paese, dove c'erano tre grandi alberi di fichi e il monaco ci disse che ognuno poteva mangiarne non più di tre, anzi furono nominati fra di noi dei capigruppo che sorvegliassero affinché noi ubbidissimo.

Tanti ragazzi non sapevano salire sull'albero, ma io, che ero abituato a farlo, mi arrampicai fino alla cima, mi nascosi tra le fronde e non mi fermai certo a tre fichi: feci una bella scorpacciata e almeno per quella volta placai la fame e la gola!

Ogni famiglia pagava la retta per il nostro mantenimento, ma ora mi rendo conto che non poteva bastare (£. 3000 al mese )(4); c'era un frate, fra' Pasquale, che andava a chiedere l'elemosina e arrivava fino al porto di Brindisi per procurare qualche sardina. Noi aspettavamo sempre trepidanti il suo ritorno.

Molte volte ho mangiato un formaggio rosso che mandavano gli americani e che a Savelli mangiavano solo i più poveri che non avevano altro: aveva un brutto sapore, ma lì tutti avevamo imparato a non essere schizzinosi. Chi non riusciva ad adattarsi, doveva andarsene. Mi ricordo di un ragazzo che non voleva mangiare fagioli: fu avvertito subito il padre di venire a riprenderselo.

Le giornate si susseguivano sempre uguali: sveglio alle 6,30; messa dalle 7,00 alle 8,00; colazione e poi la scuola; pranzo; una breve ricreazione e poi le lunghe ore di studio, durante le quali nessuno poteva parlare, si sentiva solo il fruscio delle pagine dei libri. Poi la cena e a letto.

Durante l'estate, per tenerci occupati, ci facevano fare i rosari (o compravamo i grani oppure usavamo delle bacche rosse e dure che bucavamo e infilavamo), oppure rilegavamo i libri di scuola che erano stati usati durante l'anno e che servivano per i nuovi arrivati.

Facevamo sempre le partite di pallone: le squadre si affrontavano con piglio, eravamo greci contro troiani. Io ero Achille, il personaggio che mi piaceva di più, avevo imparato a memoria tantissimi versi dell' Iliade.

A volte ci conducevano anche al mare: andavamo a San Cataldo con un carro e, poiché nessuno sapeva nuotare, ognuno si portava la federa del cuscino, la bagnava e la gonfiava e questa fungeva da salvagente.

Un giorno successe una terribile disgrazia: ci avevano portati in gita a Santa Maria di Leuca; stavamo andando a visitare delle grotte che si trovano a picco sul mare e mentre camminavamo in fila indiana su un sentiero roccioso, un'onda insolitamente molto alta, risucchiò un nostro compagno e lo vedemmo scomparire sott'acqua.

Alla fine della seconda media decisi di non continuare gli studi nel convento e così ritornai a casa.

Anche questo viaggio fu un'avventura!"

ANONIMO
Un ragazzo di allora, diversamente giovane adesso.

Anni '50
I Padri Passionisti a Savelli durante una processione per i vicoli del paese.
Notare il numero dei bambine/e.


BUONA SCUOLA.

BUON TUTTO A TUTTI.

 

Nota 1) -  In quegli anni, finito il percorso elementare di cinque anni si doveva fare un esame per avere il diploma di quinta elementare. Chi aveva intenzione di continuare gli studi doveva superare un esame: "Esame d'Ammissione" che dava la possibilità di  iscriversi alle scuole medie.

Nota 2) - Infatti  ragazzi che continuarono gli studi a Savelli, dopo la quinta elementare. acquisirono titoli di studi non riconosciuti.

Nota 3) - Tommaso Fazio, poeta savellese, cultore delle opere classiche e amante di scrittori e di poeti del nostro meridione. Le sue liriche fanno riferimento al suo paese natale e sono scritte sia in lingua che in vernacolo.

Ha pubblicato: - "Quei pensieri di gioventù", in vernacolo (Ed. Calabria Letteraria, 1988);

                         - " Via Beatrice", in lingua ( Ed. Calabria Letteraria,);

                          - " Il paese della memoria", in vernacolo ( Ed. Vincenzo Ursini, 1989).

Nota 4) - 3000 Lire di quel periodo corrispondono a 1,55 euro di adesso.

Commenti

  1. Caro Pierino, mi hai riportato alla mia storia di infanzia.
    Ho fatto la sesta a Savelli, dopo sono andato nei monaci Cappuccini a Castiglione Cosentino , dopo un anno ad Acri. Alla fine del secondo anno scrissi di nascosto una cartolina e mio padre venne a prendermi. Il mangiare era veramente povero ecc ecc .

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  2. Grazie
    Interessante come al solito.
    Belle le foto dei ragazzi, che ricordo, conosco quasi tutti ed i loro volti mi riportano, fanno rivivere, a quei tempi belli spensierati!

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    Risposte
    1. In questa foto ci sarà sicuramente mio papà

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  3. Si ricordo tutto, ho fatto giusto in tempo con la giusta età per frequentare le scuole medie a Savelli, grazie per farci rivivere questi ricordi
    C. M.

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  4. La segretaria della scuola media di Savelli in quegli anni era Irene Oro,mia sorella .
    M. Oro Abruzzini

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  5. Grazie per questi ricordi condivisi, grazie perché solo ricordando non si dimentica.
    M. R.

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  6. Bellissimo racconto!
    P. B.

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  7. Caro Pierino, perseguì col darci queste perle. È meritorio. Un abbraccio.
    G. D. B.

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  8. Leggo con molto piacere un po' di storia del nostro.paese ...
    A. M.

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  9. Come al solito articolo interesantissimo anche per capire le difficoltà dei tempo. Per comprendere la situazione vorrei aggiungere che prima del 1962 non esisteva ancora una scuola materna statale, nata solamente nel 1968. Esistevano all’epoca solamente le scuole religiose e alcune (pochissime) esperienze di scuole private gestite dalle grandi aziende o scuole comunali nelle città più grandi.
    Al termine della scuola elementare si poteva accedere alla “vecchia” scuola media ma solo dopo aver superato un esame di ammissione.
    Chi non andava alle medie aveva ampia possibilità di scelta: c’erano tre scuole di avviamento (industriale, professionale e commerciale) ma anche la scuola d’arte.
    Con l’avviamento industriale si poteva accedere agli istituti tecnici industriali e con quello commerciale si poteva passare agli istituti di ragioneria mentre con l’avviamento professionale si andava negli istituti professionali.
    Con la scuola d’arte, infine, ci si poteva iscrivere al liceo artistico.
    In pratica, a 11 anni, si decideva (all’80%) il futuro scolastico dei ragazzi che, quindi, veniva determinato più dalla appartenenza al ceto sociale che alle capacità.
    Nelle aree più disagiate del territorio nazionale non esistevano né le scuole medie né le scuola di avviamento, il Ministero aveva istituito le classi post-elementari, la sesta, la settima e l’ottava; classi che concretamente funzionavano presso le stesse scuole elementari e che vennero affidate a maestri e maestre.
    L'esame di licenza elementare è stato abrogato dal decreto legislativo n. 59/2004, anche se una certa interpretazione della norma poteva fare intendere che tale abrogazione non riguardasse le classi già funzionanti con il precedente ordinamento prima della riforma.

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  10. Pierino,grazie per questo nostro passato che porti alla nostra memoria.Un abrazo..
    F. F.

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  11. La S. Media fu istituita a Savelli nell'estate del 1960, probabilmente ai primi di agosto.
    Allora esisteva ancora l'obbligo degli esami di ammissione da svolgersi nella sessione di giugno.
    Per permettere alla popolazione scolastica di Savelli, in possesso della 5°, 6°, 7° e forse anche 8° elementare di poter accedere alla S. Media, ci fu un accordo tra il comune di Savelli e la S. Media di S. Giovanni in Fiore, di poter svolgere le prove d'esame, nella sessione di settembre.
    Nel mese di agosto ci fu una preparazione, un po' accelerata, di 20 gg da parte di alcuni insegnanti, appena diplomati.( io fui preparato dal prof. Tommaso Sacco). Agli inizi di settembre, con un viaggio pagato dal comune, andammo a S. Giovanni; questo per gli scritti, per gli orali ciascuno andò per proprio conto.
    Così inizio' la S. Media di Savelli con 2 prime e una 2°, raccogliendo quest'ultima, tutti gli alunni già in possesso di 1° media frequentata fuori Savelli.
    Cordiali saluti. Saverio.
    Scusa se c'è qualche errore.
    Saverio Rotundo

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