LA SILA: STORIA E LEGGENDA
La Sila è un vasto altopiano che si estende per diversi ettari lungo le province di Cosenza, Crotone e Catanzaro.
Comprende da nord a sud: la Sila Greca, chiamata così per la presenza nel suo territorio di paesi di origine albanese; la Sila Grande e la Sila Piccola.
Nell'altopiano silano si possono trovare montagne dalle cime arrotondate, altipiani, laghi artificiali, folti boschi. Il suo paesaggio, che ricorda quello nordico-scandinavo, ospita stabilmente il lupo, il daino, il cervo, il gatto selvatico, lo scoiattolo.
Ricca di granito e di legname, forniva alberi per la costruzione di case e di navi già ai tempi dei greci e dei romani. Molto sviluppata fin dai tempi antichi la raccolta della "pece brutia", che veniva usata per sigillare le botti e nella cantieristica navale. Da qui un antico mestiere, ormai scomparso, ma un tempo molto importante, quello dei "piciari", uomini impegnati nella raccolta della pece.
L'importanza dei boschi e della pece era riconosciuta sia dal popolo greco che da quello romano.
Infatti l'origine del nome "Sila" viene fatto risalire ai tempi dei romani, se non addirittura ai tempi dei greci.
Il nome Sila deriva dalla parola latina Silva che significa "bosco"e veniva chiamata esattamente "Silva Brutia" (Foresta dei Bruzi) ,toponimo che potrebbe derivare dal greco: "yle", sempre col significato di foresta.
Secondo la nostra tradizione letteraria questo sarebbe l'origine del nome Sila.
Secondo Domenico Canino, architetto appassionato di storia, già nel 357 avanti Cristo, all'epoca delle colonie greche, in Sila vivevano i SILERAIOI, un popolo di mercenari e di guerrieri.
Questi mercenari, combattendo in Sicilia a sostegno dei tiranni di Siracusa, venivano pagati con monete coniate dagli stessi tiranni. Su una facciata delle monete c'era scritto il luogo da cui provenivano: Sila.
L'interpretazione latina sarebbe arrivata con la dominazione romana molto tempo dopo, quindi vi è il dubbio che la parola Sila derivi dalla parola Silva.
Non esistono, purtroppo, altre prove e documenti che parlano di questo popolo di guerrieri. Si rimane in attesa di nuove scoperte archeologiche per la conferma di questa tesi.
Questa molto sinteticamente è la storia della Sila e l'origine del suo nome.
Poi c'è la leggenda, ci sono i personaggi immaginari, i racconti dove, durante la narrazione, si mescolano fatti reali o legati alla tradizione con la mitologia.
Queste leggende, che fanno parte del patrimonio culturale del nostro paese, una volta venivano raccontate durante le serate invernali intorno al focolare dai genitori o dai nonni, per intrattenere la famiglia, soprattutto i bambini.
La trama veniva amplificata e arricchita con la fantasia introducendo avvenimenti ed elementi irreali per creare interesse, stupore, timore e partecipazione.
Il racconto di Gino Gentile, raccolto nei suoi libri e proposto in dialetto savellese (1) e in lingua italiana, ci narra come è nato il nome "Sila" secondo una credenza popolare.
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Pascolo in Sila " " Là ne la quieta pace de le stelle ove non sia nessuno altri che noi". Francesco Maria Gualtieri |
A ZACCARELLA (Lo Scoiattolo)
Se cunta ca na vota c'eranu rui: unu se chiamava Giunu e r'era mianzu uaminu e mienzu serpente, l'atru se chiamava Jiruanti e r'era mianzu uaminu e mianzu toru.
Mo chissi rui eranu annamurati ra Zaccarella chi era la mugliere e n'amicu e chissi e chi se chiamava Sìala.
Nu jurnu, Giunu e Jiruanti, ppe gelusìa ra Zaccarella, su acchiappàti e si l'hau date a morte; nessunu re rui e resciutu a annamurare a Zaccarella chi un bulìa nè a r'unu nè all'atru.
Zaccarella chi avìa quattru figli picculi: Nìatu, Lese, Senapìte e Vìtravu, e r'avìa sempre pagura e Giunu e Jiruanti, ca chissi sempre l'amminazzavanu.
Nu jurnu tantu chi è spagnata chi s'ha pigliatu i figli e nde fujuta.
Pue i figli su fatti randicìelli e, a r'unu a r'unu, nde su juti ppe cuntu sue.
Jiruanti, chi era cchìu maralittu, ppe se vindicare, jia cercandu i figli ra Zaccarella e quandu le truvava l'ammazzava; e deccussìri l'ammazzava a r'unu a r'unu l'ha ammazzati a tutti e llu sangu e ssi giuvani è' diventatu acqua e deccussiri su fatte e jumare, chi e chilli tiempi hau chiamatu: Niàtu, Lese, Sanapite, Vìtravu.
Mo, roppu tanti anni, Sìala ha truvatu a Jiruanti vicinu u Cozzariellu ro Mpiarnu e su acchiappati; pue Jiruanti è fujutu e Sìala l'ha scapulatu finca a Cerenzia Viacchiu (Acheronthia).
Lllari su ncapillati natra vota, e pue natra vota su fujuti.
E fuje e cca e fuje, su juti a finire vicinu a jumara e Lese, e llari a litica è stata furiusa: pue Sìala hametà uomo e metà toro binciùtu e r'ha ammazzatu a Jiruanti e doppu l' ha jettatu ntra jumara.
Duve è carutu c'è fattu nu vullu chi pue l'è restatu u nume" u Vullu e Jiruanti".
Roppu chi Sìala è bindicatu, è misu ngiru ppe lla terra ppe a mugliere, a Zaccarella, e mentre chi jìa caminandu, ciangìa, e deccussiri tanti re chianti e de lacrime che ha jettatu chi ruve è passatu Sìala c'è nesciutu nu vuascu feru e pini chi moni se chiama Sìala.
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Sila savellese "Ve' come lieta di secreti palpiti la gran Sila bruneggia al sol d'or e quella calma che par un'estasi è tutto un blando sussurrìo d'amor. Francesco Maria Gualtieri |
LO SCOIATTOLO
Si racconta che una volta c'erano due personaggi: uno si chiamava Giunu ed era metà uomo e metà serpente, l'altro si chiamava Jiruanti ed era metà uomo e metà toro. Questi due (esseri) erano innamorati di Zaccarella che era la moglie di un amico di entrambi, di nome Sìala.
Un giorno Giunu e Jiruanti, per gelosia nei confonti di Zaccarella, litigarono ferocemente; ma nessuno dei due riuscì a far innamorare Zaccarella, che rifiutò entrambi.
Zaccarella aveva quattro figli piccoli: Nìeto, Lese, Senapìte, Vìtravu ed aveva sempre paura di Giunu e Jiruanti da cui riceveva sempre della minacce.
Un giorno ebbe così tanta paura che, presi i figli, scappò.
I figli, diventati grandi, andarono a vivere per conto loro.
Jiruanti, che era il più cattivo, per vendetta andò a cercarli.
Una volta trovati li uccise tutti. Il sangue di questi giovani divenne acqua e così si formarono
i fiumi che presero il nome di: Neto, Lese, Senapite, Vìtravo.
Dopo tanti anni, Siala incontrò Jiruanti nei pressi del Cozzo dell'Inferno ed incominciò a litigare con lui.
Jiruanti scappò e Siala lo inseguì fino al paese di Cerenzia Vecchio. Anche qui continuarono a litigare, ma Jiruanti scappò di nuovo.
Fu raggiunto nei pressi del fiume Lese e lì fu ucciso da Sìala.
Una volta morto fu buttato nel fiume e nel punto in cui cadde si formò "nu vullu"(2 ) che, dal quel momento prese il nome di " Vullu e Jiruanti".
Fatta la vendetta Sìala si mise a cercare sua moglie Zaccarella. Lungo il cammino, Sìala piangeva e ogni lacrima che cadeva a terra faceva crescere un pino.
Sono state così tante le lacrime di Sìala che si è formato un bosco enorme di pini che da allora viene chiamato Sila.
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Savelli - la pineta - Al centro "u pagliaru" Antica capanna di paglia o di ginestre che serviva come ricovero per pastori e contadini |
Questo racconto mi ha fatto ricordare quando, accanto al focolare durante le fredde serate invernali, si ascoltavano le favole narrate dagli anziani. Alcune erano spiritose, altre fantastiche dove non mancavano personaggi che incutevano timore e paura.
Spesso gli adulti inventavano degli spauracchi che servivano ad intimorire i bambini, con l'intento di evitare che si cacciassero nel pericolo.
I bambini erano "abituati" alla presenza di figure o di spiriti che abitavano le case che, all'occorrenza, intervenivano per proteggere o per incutere paura alle persone.
Lo spauracchio che veniva spesso nominato dagli adulti era: "U Popone", un essere misterioso che intimoriva e terrorizzava letteralmente i piccoli e interrompeva i loro capricci.
La presenza in casa di questa fantomatica figura, che si nascondeva in casa, impediva spesso ai bambini di frequentare luoghi pericolosi per timore della sua presenza.
Nota 1) Alcune considerazioni fonetiche per una corretta lettura: la vocale "a", scritta con carattere diverso in neretto, va pronunciata molto nasalizzata; la consonante "f", anch'essa scritta in modo diverso, va letta con un suono aspirato come la "h" aspirata tedesca o come la "j" della città messicana Guadalajara.
Nota 2- Vullu: tònfano, punto di un fiume dove l'acqua è più profonda a causa della formazione di una buca
È vero,tutte le paure infondate ed inculcate nei bambini:u papone, le compagnie dei defunti che circolavano di notte , tutte paure che certamente non fanno bene nella crescita.
RispondiEliminaSono paure che molte persone non riescono a togliere di dosso.
Ciao Pierino un abbraccio e grazie per quello fai
RispondiEliminaF. F.
È sempre un piacere leggere i tuoi scritti, interessanti che ci fanno tornare indietro nei tempi e averne nostalgia,grazie e buon pomeriggio 👋
RispondiEliminaT. M.
Bella storia grazie.
RispondiEliminaIo conoscevo solo la leggenda del fiume di senapite
RispondiEliminaMolto bello, grazie Pierì!
RispondiElimina(Il focolare della foto è quello della maestra Pontieri, la donna in costume è Catarina a Sumpolia -mia nonna- , il bambino - ora 77enne- è Santino Fabiano insieme a sua mamma - sorella della della maestra Pontieri-)