U VIARNU E NA VOTA (L' inverno di una volta)

In un periodo in cui i Paesi subiscono processi di spopolamento e di abbandono, dare alla memoria la possibilità di recuperare il ricordo di luoghi, di persone, di cose e di oggetti è fondamentale per rinvigorire conoscenze, emozioni e valori che il tempo fa diventare sempre più labili.

Le cose che hanno caratterizzato periodi in cui i protagonisti di allora vivevano in una povertà dignitosa, ora rappresentano il lavoro, l'inventiva e il sacrificio che hanno fatto i nostri avi per sopravvivere alla quotidianità e alle avversità.

La memoria delle cose mi porta a menzionarne una che ormai non è più in uso  e che  ricorda la genialità di un tempo nell'usare il  materiale che si aveva a disposizione: " U spruviari". ( padiglione del letto).

Una volta, le case erano di due tipi: "terrane", quelle situate solo al piano terra e quelle chiamate "astracu e catuaiu" (pavimento e cantina).

In entrambi i casi, di solito,  si viveva in  una sola stanza dove c'era: cucina, soggiorno con focolare e stanza da letto. 

Il letto veniva avvolto da cortine laterali e anteriori che lo isolavano dal resto della stanza. 

Nel nostro dialetto questo baldacchino viene chiamato: "spruvieri" (1), che Rohlfs definisce "padiglione del letto". Questo tendaggio, tessuto in casa con lana e lino, diventava parte integrante del letto. 

Veniva legato a campana ad un cesto, a sua volta collegato ad un anello di ferro ("vuccula") attaccata al soffitto. In questo modo diventava una copertura, un riparo e separava il letto dall'ambiente esterno che era rappresentato dall'unico vano abitativo.

D'inverno si adoperavano le cortine pesanti che riparavano dal freddo; d'estate quelle più leggere, di cotone bianco, che riparavano dal caldo e dalle mosche.

Dal punto di vista igienico era ottimo perché riparava dalla polvere, isolava i bambini che così potevano dormire tranquillamente, manteneva le coperte del letto pulite e nascondeva gli ammalati e coloro che dormivano alla vista di chi entrava in casa.

U Spruvieri
Accanto "allu spruvieri": " u  Manganu", girello per bambini; "a Naca", culla per bambini; "l'armariu" (l'armadio) per la tenuta dei vestiti, "a colonnetta" (il comodino) nella cui parte inferiore veniva riposto "u rinale" (il vaso da notte),
oggetto indispensabile perché non tutte le abitazioni avevano il bagno
(Esposizione presso il Museo della Montagna - Savelli- Kr)

"U spruvieri", scomparso verso la fine degli anni '50, si é rivelato un arredo ottimo e funzionale.

In un contesto in cui l'unico mezzo di riscaldamento era il camino ( "focularu") e il braciere ("vajera"),  il baldacchino che avvolgeva il letto era veramente efficace, specialmente durante i rigidi inverni di una volta quando la neve non mancava mai e il freddo era veramente intenso. 

I rigidi inverni fanno venire in mente: il mattone refrattario che si metteva vicino al camino e poi, una volta scaldato, veniva  avvolto con una stoffa e messo nel letto per intiepidirlo; le coperte pesantissime e gli spifferi di aria fredda che entravano dalle "ngaglie" (fessure) delle finestre e della porta.

E che dire "ro pruverinu"!, della tormenta di neve e vento che provocava danni e non faceva uscire le persone da casa. 

Il gelido inverno, che preoccupava non poco i nostri avi, viene ricordato con un famoso detto savellese che recita così:

c'appa pane murìu,

c'appa fuacu campàu.


chi ebbe pane morì

che ebbe fuoco visse.

Ciò per rimarcare che bisognava proteggersi dal freddo e dalla fame e che i lunghi e gelidi inverni dovevano essere preceduti da momenti dedicati alle provviste, sia alimentari che della legna.

L'estate nchiure sierpi

ca u viarnu ngille paranu.


L'estate raccogli serpenti

perché in inverno sembrano anguille.

Durante l'estate si provvedeva alla provvista della legna che veniva sistemata nei "catoia" (basso, cantina).
A questa operazione partecipava tutta la famiglia e aiutavano anche i vicini di casa.
(Disegno di Piero Arcuri)

Se vuoi rivivere le giornate invernali d'altri tempi ti invito a leggere la poesia " U pruverinu" scritta da Gino Gentile, dove ci parla della tormenta di neve e delle difficoltà che provocava.

Finita la tormenta tutti i "rughitani" (il vicinato) fuori a spalare la neve e ad aiutare chi ne aveva bisogno.

Questo "racconto in rima" è una fotografia, quasi animata, degli inverni difficili di una volta, dove la problematicità diventa socialità.


 U pruverinu 

A notte u pruverinu avìa minatu

e llu cannizzu e nive avìa linchiutu;

ntre tutte e ngaglie era nzaccatu

e puru ntra ciminea era b-venutu.


Na varra e nive arrivava allu balcune

e n'atra era cchiu avuta ro purtune;

Mamma u focularu a pulizzatu

e pue nu bellu fuocu ccia appicciatu.


Fore, u pruverinu forte minava

e tutta a fuma intra a rivutava

Tutti ccu l'uocchi russi e lacrimusi

a fuma asciumava puru i janchi visi.


A llu fuocu a pignata vullìa

ccu surache e cuari, chine nd'avìa:

A menziurnu tutti a mangiare,

surache e patate e t'avìe e cuntentare.


A sira u pruverinu era calmatu

e nue fore tutti simu nesciuti:

spalamme a nive  ppe fare a via

e  jire a truvare a za Maria.


Re za Maria cce simu arrivati

tutti stancati e puru surati,

a porta era ancora cumbegliata

e nue l'amimu alliberata.


Finalmente intra simu trasuti

e tutti nue me simu abbrazzati

atundu a llu fuocu simu seruti

e ne simu nu pocu abentati.


Roppu nu pocu, u zu Pippinu,

arriva ccu nnu cannatune e vinu;

Prisuttu viecchiu e sazizza arrustuta 

e r'amiu passatu na bella sirata.


( Gino Gentile, 1974)


La bufera

Durante la notte c'è stata una bufera 

e la soffitta si era riempita di neve;

la neve era passata attraverso le fessure

ed aveva riempito pure il camino.


Un enorme mucchio di neve aveva raggiunto il balcone

e un altro mucchio aveva coperto tutto il portone:

Mamma aveva pulito il camino

ed aveva acceso un bel fuoco.


Fuori, la tormenta era diventava minacciosa

tanto da rimandare indietro il fumo del camino

Tutti noi, seduti attorno al focolare, avevamo le lacrime e gli  occhi rossi,

il fumo affumicava anche le facce bianche.


La pignatta accanto al fuoco bolliva

con dentro i fagioli e le cotenne di maiale, chi aveva la fortuna di averle;

A mezzogiorno tutti a mangiare,

fagioli e patate e ci si doveva accontentare.


La sera la bufera si era calmata

e noi tutti fuori siamo usciti

a spalare la neve per pulire la strada

per poter arrivare fino alla casa di zia Maria.


A casa di zia Maria

siamo arrivati stanchi e sudati,

la porta di casa sua era tutta coperta di neve

e noi l'abbiamo pulita e liberata.


Finalmente siamo riusciti ad entrare 

e tutti ci siamo abbracciati

attorno al focolare ci siamo seduti

e ci siamo anche riposati.


Dopo un po', zio Peppino

arriva con una grossa caraffa di vino:

Prosciutto stagionato e salsiccia arrostita

e così abbiamo passato una bella serata.


A questo punto non si possono non ricordare le storiche nevicate che sono rimaste nella memoria collettiva:

Febbraio 1929
Un'ondata di gelo e freddo colpì tutta l'Italia e l'Europa tanto da essere definita la nevicata del secolo. Le temperature raggiunsero livelli proibitivi  e la quantità di neve fu eccezionale. Anche il nostro paese rimase isolato.

1929
Il pullman Cariati-San Giovanni in Fiore bloccato dalla neve.

 1929
Soccorso stradale con i buoi
22/02/1929
La neve ha coperto le porte delle case
Palazzo del Cavaliere Fazio
(attuale farmacia)

Piazza Precone.
Il monumento ai Caduti in mezzo alla piazza, all'angolo
  "na varra e nive".


Nevicata del 1956

Un'ondata di gelo e freddo colpì l'Europa e l'Italia alla fine di gennaio del 1956. L'evento nevoso abbondante isolò molti paesi, fra cui Savelli.
Non ho documentazione fotografica, ma posso raccontare che il paese rimase isolato per diversi giorni e le famiglie furono costrette a stare chiuse in casa.

Finito di nevicare alcuni giovani volontari andarono in giro per il paese a distribuire pagnotte di pane portate a spalla in sacchi di iuta.
Il pane era stato trasportato da un elicottero atterrato al campo sportivo.
Tornato il sole i bambini, incuriositi, andarono al campo sportivo a vedere le tracce sulla neve lasciate dall'elicottero.

Immagine dal web.
Anche a Savelli i vicoli si presentavano così.
Durante l'inverno le donne per proteggersi dal freddo e dalla pioggia indossavano "u sciallu" o "pannu" (scialle), gli uomini "ccu llu mantu"( col mantello)



Gennaio 1981 


Nevicata del 1981

Nevicata del 1981
In quel periodo la situazione critica ha reso necessario l'intervento dell'esercito


Gli inverni, una volta, erano molto lunghi e freddi e duravano fino a Marzo, tanto che i nostri antenati dicevano:

U friddu e marzo

trasa nelle corna 

ro vitellazzu.


Il freddo del mese di Marzo

entra nelle corna 

del vitello.


La primavera risvegliava la natura e le persone.

Con il suo arrivo i bambini facevano a gara a contare le rondini che stavano per arrivare.


Nota1) - Spruvieri: cortina rustica, padiglione del letto usato per ripararsi dal freddo.

Nota 2) - Varra e nive: enorme mucchio di neve ammucchiata dal vento.

Commenti

  1. Pierino non saprei come ringraziarti per queste belle storie passate.
    Per ora non posso che ringraziarti e augurare a te e famiglia una serena serata.

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  2. GRAZIE SEI SEMPRE UNA FONTE DI PREZIOSI RICORDI ,RIESCI CON I TUOI MODI DI SCRIVERE E "QUANDO SEI IN PRESENZA A RACCONTARE " A TRASPORTARCI IN UN PASSATO CHE MOLTI ABBIAMO DIMENTICATO MA CHE è PIENO DI CALORE E DI GRANDE APPARTENENZA.
    salutami GIOVANNA

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  3. Sei sempre il numero 1

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  4. I vostri apprezzamenti mi spingono a continuare.
    Buon tutto a tutti.

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  5. come sempre un momento di lettura piacevole con un po di nostalgia.
    grazie e buona serata
    P. T.

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  6. Storie molto belle.
    Bei ricordi.
    A. L.

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  7. Grazie complimenti per il tuo impegno e passione per la storia di Savelli
    G. M.

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  8. Adesso che sei in pensione e con il tuo amore x Savelli potresti fare il sindaco. Provaci sei nu " mustazzu" quindi hai tutte le capacità specialmente quella dell'amore vero e sincero x Savelli e non come un politico qualsiasi.

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  9. Ciao carissimo Pierino, sempre ti seguo, stai facendo un lavoro, direi una opera d’arte Per tutti savellesi sparsi per il mondo. Ricevi un forte abraccio e sappi Che sempre mi ricordo del nostro accogliente nido d’Aquila. Un forte abraccio
    Pasquale Foglia

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  10. Ciao io ero ero a Savelli 81 siamo stati senza luce senza acqua e da sola che non si poteva uscire mi ricordo che e venuta Rosa Gualtieri e mi a portato le candele
    R. M.

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  11. Ero presente alla nevicata del 1981 rimanemmo bloccati al villaggio, ricordo i muri di neve e per uscire di casa uscivamo dalle finestre... che bei ricordi grazie per avermeli sbloccati. Un abbraccio a Savelli.

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