QUANDO ERAVAMO POVERA GENTE (pt.1)
Ci sono immagini che rimangono scolpite nella mente e difficilmente si allontanano da essa.
Le persone diversamente giovani ricorderanno sicuramente: asini, muli, cavalli che portavano la legna nelle case per la provvista invernale o i prodotti dell'orto; greggi di capre che, col pastore, attraversavano il Paese per andare al pascolo; le nostre nonne/mamme che andavano fuori paese "alli zimbuni" (porcili) a portare "a vrurata" (la brodaglia) ai maiali; oppure file interminabili di bovini che attraversavano la via principale nel periodo della transumanza ecc...
Immagini di un tempo passato...
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Anni '50. Pascolo nella Sila di Savelli |
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Provvista invernale di legna |
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Ritorno dai campi |
![]() La transumanza |
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Molti sono i ricordi che ci riportano a quel periodo, però voglio proporvi questo schema per avere un'immediata, sintetica lettura di questi dati e per cercare di comprendere meglio un contesto lontano, forse sconosciuto o dimenticato.
La Camera di Commercio di Catanzaro pubblicava nel 1959 la seguente statistica.
I dati, che chiaramente si riferiscono a Savelli, sono stati rilevati qualche anno prima (1957)
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Allevamento di bovini di razza podolica, tipica delle zone meridionali. Nel periodo di riferimento diversi erano gli allevatori savellesi |
L'osservazione di semplici numeri ci aiuta a capire meglio il tipo di economia che c'era nei tempi passati e il tenore di vita nella nostra comunità. Questi due aspetti hanno una grandissima importanza se vengono confrontati con l'attuale situazione.
In particolare ci fanno comprendere che fino a quel periodo e ancora per qualche decennio, seppur con numeri decrescenti, esisteva un'economia silvo - pastorale corroborata da un artigianato che la sosteneva: fabbri ferrai, mastri bottai, falegnami, lavoratrici al telaio, muratori, calzolai, sarti, allevatori, pastori, massari ecc...per non dimenticare, la filanda, i frantoi, le botteghe per la vendita di alimentari, di scarpe, di tessuti, dei forni a legna, diffusi in tutti i rioni del Paese.
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Ex filanda di Brisinda. Ora Palazzo Comunale |
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1986. Al centro, Manfredi, allevatore di bovini, vicino alla sua baracca in Sila con un gruppo di escursionisti. |
In quel periodo l'economia si sosteneva anche con l'allevamento di un numero considerevole di maiali. Se ne macellavano, nel periodo natalizio/invernale, 700/800, per uso familiare e per la vendita.
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Anni '70. Una volta la mattazione del maiale avveniva " 'ntro catuaiu" (cantina) o fuori vicino a casa. |
In un'altra sezione della pubblicazione, che si occupa delle abitazioni, emerge che le case erano 949 con una popolazione di 3289 abitanti.
Si suppone che la maggior parte di esse erano costituite da monolocali, cioè con un unico vano cucina e letto, "casa terrana" (abitazione a piano terra) nella quale vi erano : "u focularu" (il camino) e il letto. Altre case avevano cucina, letto con una cantina sottostante, "astracu e catuaiu". Altre ancora avevano un piano terra e un primo piano.
Il sottostante "catuaiu" (cantina, stalla), solitamente, era adibito a locale per la conservazione delle provviste della legna e alimentari o a stalla, per il ricovero di animali (capre, muli, cavalli, asini, mucche da latte).
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"u catuaiu" (la cantina) o la stalla. Si trovava sotto o vicino all'abitazione |
Solo 193 abitazioni avevano il bagno in casa (solo il water) situato o 'ntro catuaiu" (nel basso) o sotto la scala di legno che collegava, attraverso "u catarattu (una botola) la cucina con la camera da letto del piano superiore o "ccu llu cannizzu" (soffitta)
Alcune case erano provviste di una scala chiusa di legno che portava al piano superiore o "allu cannizzu" (alla soffitta). All'interno del sottoscala era collocato il water .
Questo tipo di scala veniva chiamata "scala Francisca".
Il compianto caro amico Gino Gentile non ha saputo dare spiegazione del perché di questo nome..
"Così la chiamava mia madre " diceva Gino. (1)
Solo 3 famiglie avevano il bagno completo. Le persone sprovviste di bagno, per i propri bisogni, si recavano "alle colle", luoghi isolati appena fuori paese o usavano "u pisciaturu" o "rinale" (vaso da notte) che veniva svuotato nelle minelle (vie strette del paese) di notte o al mattino presto.
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" u rinale" ( vaso da notte) |
136 case avevano l'acqua potabile. Il resto delle famiglie si riforniva attraverso l'uso di barili che venivano riempiti presso la Fontana Vecchia e la Fontana Nuova, poi portati a casa in testa o con l'asino e collocati nella "varrelara"(nicchia in cucina con pioli dove si appoggiavano i barili), di solito dietro la porta.
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Anni '40. Donne ccu llu varriele (con il barile) sulla testa alla Fontana Vecchia. |
Si andava alla fontana per fare provvista di acqua. Per alcune donne questo era un lavoro. Infatti andavano avanti e indietro, con il barile pieno d'acqua in testa per rifornire le famiglie che ne erano sprovviste. Il luogo era frequentato da molti giovani che si recavano lì per guardare le ragazze e per i primi ammiccamenti.
811 su 949 abitazioni avevano l'illuminazione che era estesa all'esterno del Paese.
Savelli fu uno dei primi paesi del circondario ad avere l'illuminazione pubblica esterna.
Il divario numerico fra il servizio idrico e e quello energetico è dovuto al fatto che l'energia elettrica è arrivata a Savelli nel 1920, invece le condotte idriche e fognanti furono realizzate nel 1928/1929.
Il periodo di riferimento di questi dati è la fine degli anni cinquanta, quando l'emigrazione nelle Americhe stava per finire e ne iniziava un'altra: quella europea (Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Lussemburgo) e nel Nord Italia (Milano, Torino, Genova).
Prosegue con la parte 2 (a settimana prossima!)
Nota 1 - Gino Gentile, ha fatto il falegname e ha dedicato il suo tempo libero allo studio alla ricerca di fatti e di tradizioni di Savelli. Ha raccolto, musicato e inciso canti della nostra tradizione e ha il grandissimo merito di averli recuperati e ne ha evitato l'oblio. Ha pubblicato, fra l'altro, i seguenti libri: Savelli Cunta; Savelli 'n poisia, il Vocabolario di lingua calabrese ecc...
Certo che li ricordo avevo i miei sedici anni viaggiavo da spartia Savelli con il cavallo portando i nostri ricavati. Olive grano uva fieno che bei tempi grazie.
RispondiEliminaTeresa Ausilio.
Grazie per questi bellissimi ricordi
RispondiEliminaMaria Fazio
Ciao Piero. In questi giorni rimettendo a posto la biancheria ho ritrovato un asciugamano ricamato da Filomena Carminaiella che abitata con il fratello u muto vicino la casa dei miei nonni paterni. Erano tante le signorine non sposate che ricamavano i corredi a pagamento.. Quanti ricordi
RispondiEliminaElena Manfredi
Bravissimo, ricordo benissimo quei giorni passati.
RispondiEliminaAngelo Lio
Aiu avutu a ciuccia, e puacure ,crape, u cessu era sutta u mignanu ra scala, ecc ecc.
RispondiEliminaAngelo Lio
Molto interessante e ben descritto.
RispondiEliminaLaura
Bello! Come dice la canzone di zia Franco Ausilio "molti ricordi mi tornano alla mente" suggerisco di fare lezioni di storia ai nostri ragazzi. Tipo alla scala della Jesulella o all'anfiteatro del boschetto.
RispondiElimina..e galline e lu purciallu allevati ntra zimba.E non mancavano conigli e colombi!
RispondiEliminaFrancesco Gualtieri
La famiglia, la scuola, la società possono creare ponti fra passato, presente e futuro.
RispondiEliminaGrazie per i commenti