IL PRIMO BRIGANTAGGIO
Nel 1806 Re Ferdinando, non potendo far fronte all'invasore francese, si rifugiò a Palermo.
Iniziò così la lenta e inesorabile invasione francese del Sud Italia.
Inizialmente i Calabresi furono cauti con gli invasori, anche se sembrava che rappresentassero i grandi principi della Rivoluzione Francese (Libertà, Uguaglianza e Fraternità). Principi cui la popolazione faceva riferimento perché il malcontento nei confronti dei Borboni cominciava a diffondersi.
Era ancora vivo il ricordo del terremoto del 12 Marzo 1783 che sconvolse la Calabria che provocò la morte di centinaia di persone e la distruzione di diversi paesi, altrettanto viva era la delusione che la popolazione aveva subito dalla Corte borbonica.
Il sisma non fece danni a Savelli, ma indirettamente se ne avvertirono le conseguenze allorquando la Cassa Sacra istituita dai Borboni per appropriarsi dei beni della Chiesa per dare sollievo alle popolazioni calabresi, in dieci anni, dal 1784 al 1795, invece di aiutare i paesi colpiti dal terremoto, distribuì il ricavato ai nobili, ai ricchi, ai borghesi...., "ai contadini, ai braccianti poveri nessun ducato"( Storia sociale della Calabria - Misefari)
Questo e altri episodi non fecero altro che aumentare il malessere nei confronti del Barone Barberio Toscano e dei Borboni.
Ben presto, però, i Francesi imposero tasse impossibili da pagare, seguirono requisizioni forzate, spoliazione delle chiese, reclutamento dei soldati imposto con una legge (sotto i Borboni partiva militare una persona ogni 3000 abitanti), a causa di ciò le famiglie e la campagna perdevano forza-lavoro. Pertanto una parte della popolazione faticava ad accettare la nuova realtà.
A questa situazione gli storici danno interpretazioni diverse: secondo alcuni i capi e i seguaci dei Borboni furono servitori fedeli, insomma dei patrioti; secondo altri essi furono dei volgari banditi o meglio "briganti", come li chiamarono i Francesi.
In questo contesto nei nostri avi venne a mancare certamente l'unità d'intenti, per cui si crearono alcune bande animate da spirito ricco di valori, mentre altre, formate da miseri, da affamati, da oppressi, che col pretesto della guerra, facevano la loro guerra fatta di vendette nei confronti dei ricchi e dei proprietari terrieri.
Si crearono così due fazioni per il forte contrasto che c'era fra ricchi e poveri. Ciò portò i nostri avi ad affrontarsi in una guerra civile.
Per spiegare meglio gli avvenimenti che riguardano il Nostro Paese, diremo che all'inizio dell'occupazione francese, in Savelli, si erano create due correnti:
- una filofrancese con a capo l'arciprete Don Francesco Scigliano
- l'altra invece sosteneva il feudatario Barberio Toscano, borboniano per gratitudine e per convenienza.
Costui se ne stava al sicuro a San Giovanni in Fiore, mentre a Savelli c'era una piccola ma agguerrita schiera di guardiani pronta a tutto.
In sostanza una parte dei savellesi, ribelli per tradizione, al primo apparire dei Francesi, memori dei soprusi subiti dal feudatario, si schierarono con loro, questo gruppo era guidato dall'arciprete Don Francesco Ferrante Scigliano; contemporaneamente una banda, sostenuta dai Barberio Toscano, inalberava una bandiera borbonica a Savelli, gridando: "viva il re Ferdinando di Borbone".
Lo stesso accadeva in Casino (oggi Castelsilano) e in Cerenzia.
Il 4 giugno del 1804 il generale Verdier, per sedare la ribellione, spediva cento uomini per disperdere le bande e ristabilire l'ordine nei tre paesi.
Nelle alterne fortune fra i due contendenti (Francesi e Borboni) in Savelli, in San Giovanni in Fiere, a Pedace, a Caccuri, ad Aprigliano, a Grimaldi e nel Marchesato, la solita banda, in nome del re, rubava bestiame e seminava terrore nelle campagne.
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Scene di lotta fra milizia e briganti durante il periodo preunitario in un dipinto dell'epoca. Foto dal web. |
Gli avvenimenti precipitarono allorquando in San Giovanni in Fiore i Francesi giustiziarono un centinaio di abitanti. saccheggiarono case e razziarono il bestiame.
Inoltre la notizia che il barone Barberio Toscano era stato portato, come ostaggio, a Cosenza, scatenò la reazione delle banda savellese a lui fedele, alla quale, nel frattempo, si erano aggregati militari, sbandati, assassini scarcerati.
Il gruppo di "giustizieri" seminò il panico in paese e il povero arciprete Don Francesco Ferrante Scigliano e i suoi seguaci furono sacrificati.
La notte del 18 Agosto del 1804 avviene il primo delitto registrato nei libri parrocchiali dopo l'invasione Francese: un colpo di fucile uccideva nell'abitato di Savelli Giuseppe Vecchio.
Da tale data incomincia il periodo più terribile per la comunità savellese. Odi, rancori, rabbia covati da tempo, esplodono in maniera selvaggia.
Dietro la Chiesuola fu ucciso e bruciato il magnifico Don Giovanni Battista Venturi.
Don Giuseppe De Titta, Regio Governatore e Giudice dello Stato di Verzino, dalla vigna della Fratta fu portato a Savelli e fu fucilato, nonostante la disapprovazione della folla. Fu poi bruciato dietro la Cupola (presso il serbatoio, zona Filippa). Alcuni ricordano il Governatore come persona giusta ed equilibrata, altri lo hanno descritto come prepotente e cattivo,
Il monito che circolava in quei tempi era il seguente:
"Mastru Titta, fande picca, cà si nde fa' assai, capiti 'ntri guai..
"Mastro Titta combina pochi danni, perché se ne fai tanti ti metterai nei guai"
L'atto di morte fu vergato dall'arciprete Don Francesco Scigliano non molto tempo prima del suo assassinio.
Arciprete di Savelli per ben 37 anni, don Francesco Scigliano era ben stimato da tutti per la sua grande bontà e per la conoscenza dei bisogni della gente.
Il 7 settembre del 1806 la solita banda, dopo averlo accusato di essere filofrancese, lo preleva, lo porta alla solita Cupola, lo fa inginocchiare e gli scarica le armi addosso,
Cade, ma per l'emozione: nessun proiettile lo aveva attinto. Una sola palla lo aveva colpito, ma la palla era stata fermata da un libro che il sacerdote era solito portare addosso. Venne fatto rialzare e di nuovo fucilato. Fu seppellito nella Chiesa Parrocchiale con grande commozione da parte della popolazione.
I parenti e gli amici del sacerdote, rabbiosi per il triste assassinio indussero la colonna francese, di stanza a San Giovanni in Fiore, ad organizzare una spedizione punitiva contro i savellesi. Arrivati in paese catturarono 12 abitanti e, portati a San Giovanni in Fiore, furono fucilati.
Si salvò un giovane di 17 anni perché, il caso volle, che una palla recidesse la fune che lo legava. Scappò, ma fu ripreso e fu sottoposto a una nuova scarica di fucileria. Si salvò anche questa volta. Scampata la morte per ben due volte, "Silivizzu", questo era il suo nome, diventò brigante contro i Francesi.
Lo stesso giorno della morte del sacerdote veniva colpito davanti alla Chiesa Bruno Levato, dopo qualche giorno fu fucilato e arso vivo il magnifico don Vincenzo Figoli da Verzino.
Altri casi gravi avvennero in seguito a Savelli, a Umbriatico, a San Nicola dell'Alto.
L'istigatore degli eccidi savellesi e verzinesi fu il solito don Nicola Barberio Toscano del quale era nota la ferocia. Questi non aveva avuto timore di togliere di mezzo quanti non condividevano la sua gestione.
Iniziali della famiglia Barberio Toscano, Foto del web |
Nell 'anno 1807 il numero dei morti raggiunge una cifra considerevole. Alla fine dell'anno si contano 104 morti, dei quali 22 uccisi. Di solito la media non superava le 30 unità.
La lotta fra briganti e Francesi ha prodotto questi numeri.
Non sapevo di tantissimi avvenimenti funesti dell'ottocento. Tanta ferocia per l'avidità di poche persone.
RispondiEliminaGrazie del prezioso contributo. Ciò certifica ulteriormente che il problema del meridione sono sempre stati i latifondisti.
RispondiEliminaPasquale
Si, un pezzettino di storia, non solo di Savelli, ma di tutto il Sud, della "prima cacciata" dei Borboni, ad opera dei francesi... La seconda e ultima, avvenne oltre mezzo secolo dopo ad opera dei Savoia del Regno del Piemonte... In entrambi i casi, a pagarne le conseguenze, le spese, furono, sempre, le popolazioni meridionali, caddero dalla "Padella dei Borboni alla Brace dei francesi, prima, e dei Savoia dopo"...
RispondiEliminaAntonio Gemma
Caro, tantissime grazie per queste storie piú che importante saperle , anche per la diffusione della nostra Cultura. Saluti
RispondiEliminaAnalisi molto dettagliata e tecnica non completamente nota nemmeno alle nostre generazioni tranne quanto si è tramandato oralmente. Grazie 👋
RispondiEliminaS. R.
Quando si parla di stotia è difficile non cascare in faziosità (come si evince anche qui da un commento). Questo tuo articolo, Pierì, è davvero "storico" = obbiettivo ed istruttivo: complimenti davvero!!
RispondiEliminaf. ch.
Borboni, Francesi, Savoia etc. etc..... Sempre il popolo ha pagato dazio...... Come oggi d'altronde. Grazie Pierino
RispondiEliminaFLevato Roma
Pierio.Sei la memoria rammemorante.Un abbraccio.
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