E LAVANDARE

 

 Il ruolo delle donne nell'economia del nostro paese è stato fondamentale; la maggior parte, una volta, veniva avviata ad acquisire tecniche di economia domestica per poter diventare buone mogli e buone madri.

Fino agli anni sessanta del secolo scorso la donna ha mantenuto questo ruolo; da quel periodo in poi è partito il seme del cambiamento e, con l'accesso all'istruzione, si sono aperte nuove prospettive.

Pur dedicandosi  principalmente alla famiglia, la donna partecipava anche al lavoro nei campi, lavorava al telaio, ricamava  ecc...

Una delle categorie di lavoratrici abili, forti che ben sopportavano la fatica era quella delle lavandaie ("e lavandare") che, con un modesto guadagno, contribuivano, in quei tempi difficili, al mantenimento della famiglia. 

Con l'arrivo della stagione estiva  le lavandaie si recavano presso la Fiumarella, Lese, Senapite, fiumi nel territorio savellese ma distanti qualche chilometro dal paese, a lavare i panni, a curare le tele, a preparare la ginestra e il lino.


Lavandaie anni '20

L'acqua, allora, era abbondante e  l'ambiente circostante era spazioso e offriva l'opportunità di stendere i panni al sole appoggiati sui massi o sulla bassa vegetazione.

C'erano le lavandaie che aiutavano le famiglie a lavare panni, coperte, lenzuola, mantelli di lana usati durante il lungo e freddo inverno e c'erano quelle donne che con tanta capacità si dedicavano alla "cura" delle tele grezze di ginestra e di lino, tessute in casa e che, naturalmente, erano di colore giallo.

Quest'ultime lavandaie avevano il compito di portare, tutti i giorni durante l'estate, le tele al fiume Lese, immergerle nell'acqua del fiume, poi, metterle in una caldaia ("a quarara", trasportata sulla testa dal paese),  piena di acqua calda e con sapone fatto in casa.
Il tutto doveva essere girato e rigirato più volte con un bastone.

Prima di essere stese al sole sui cespugli, le tele dovevano stare in ammollo per qualche ora per ammorbidire la fibra  e poi dovevano essere risciacquate nel fiume.


Gruppo di lavandaie, vicino a loro: "a quarara" per scaldare l'acqua e i panni stesi sui cespugli

Poi, al tramonto, le lavandaie ritornavano al paese con il pesante fardello sulla testa.

Quest'operazione si ripeteva per tutta l'estate, tutti i giorni finché i manufatti di lino non acquistavano quel candore che poteva essere esibito come corredo per la futura sposa.

Quanto lavoro, quanta fatica, quanti sacrifici in attesa della lavatrice!!! 

Nel ricordare quest'umile mestiere, non dimentichiamo la canzone popolare melodica a loro dedicata, molto popolare fino agli anni '70.

I giovani di allora la cantavano in coro per i vicoli e per le campagne per attirare l'attenzione delle ragazze.
La melodia e le parole sono molto semplici e, insieme al controcanto ("u scuordu"), rendono il canto orecchiabile e apprezzabile.  

Il giovane chiede alla ragazza di lavargli il fazzoletto, lei risponde, con atteggiamento seducente, che non intende né lavarglielo né stirarglielo.
Al contrario, preferirebbe ricevere dei complimenti.

A LAVANDARA  

- Ohi lavandara chi lavi 'ssi panni 
E r'ohi lavandà...

Tu milu lavi a mmie 'ssu maccaturu
E r'ohi lavandà...

Nè ti lu lavu, nè ti lu stiru
Famme la ninna o fammela mò...

-Ohi lavandà...
E r'ohi lava , là...


LA LAVANDAIA

Ohi lavandara che lavi questi panni
oh! lavandaia...

Tu me lo lavi questo fazzoletto
oh! lavandaia...

Non te lo lavo e neanche te lo stiro
fammi la ninna e fammela ora...

Oh! lavandaia...
e oh lava, lava!!


"a cibbia ra Furgiara"
Si lavavano i panni ai fiumi o in quelle località dove era stata costruita una vasca in cemento per la raccolta delle acque

La poesia di Gino Gentile, invece, racconta la giornata delle lavandaie che io personalmente ricordo così come l'ha descritta per averla vissuta con le lavandaie in occasione del lavaggio dei panni invernali della mia famiglia alla Jumarella.


E LAVANDARE

Ccu chille belle matinatelle
e fimmine tutte giuvani e belle,
cista allu capu  e figli mbarella
jianu a lavare alla Jumarella:

A lanzuli e pannizzi facìanu a lissia
cantandu canzune ccu tanta allegria,
lavavan ritorta e cammiselle,
manti e frendina e sarachelle

Cu eranu belle scammisate
scavuze ngamba e arriculate
chi ccu la mazza e tiele vattianu,
cchiù lle guardave e cchiù belle parianu

Alla furnaggia  a minestra cucìa
e l'aspettavanu ccu tanta gulìa,
era fatta ccu cuari e vajanelle frische
e ccu sapìa sutte chille frasche

 
E rrobe janchiavanu alli spandituri
e fimmine s'asciugavanu i sururi,
i ghagliuni jucavanu alli scivuluni
vicinu chilli vierdi salicuni:


Gino Gentile


Verso la Jumarella con la cesta di panni da lavare e il bambino per mano.
Ricordo che negli anni cinquanta alcune case del paese erano ancora  sprovviste di acqua corrente.
(quadretto di Piero Arcuri)


LE LAVANDAIE

Con quelle belle mattinate
le donne giovani e belle,
con la cesta sulle testa e figli tenuti per mano
andavano a lavare i panni alla Fiumarella.

Facevano la lisciva a lenzuola e a pannolini
cantando canzoni con tanta allegria,
lavavano i copricapi bianchi e le gonnelle (del costume savellese), 
mantelli di stoffa pesante di lana e strofinacci fatti con filati di ginestra.

Come erano belle senza camicia
scalze e con le gonne e le maniche rimboccate,
con la mazza (asta di legno con un'estremità piatta) battevano le tele,
e più le si guardava più sembravano belle.

Sul fuoco acceso la minestra cuoceva
e aspettavano il momento di consumarla con tanta ansia e voglia,
era fatta di cotenne di maiale e di fagiolini freschi,
e sotto l'ombra degli alberi aveva un sapore particolare.

I panni splendevano e biancheggiavano stesi sopra i cespugli,
mentre le lavandaie si asciugavano il sudore,
i bambini giocavano scivolando vicino ai verdi.


A lavandara
(quadretto di Piero Arcuri)

Sacro il lavoro di tutti coloro che hanno contribuito alla crescita del nostro Paese dalla sua fondazione nel 1638 ai nostri giorni, 2025.


In occasione delle Festività  auguro a quanti seguono questo blog buona domenica delle Palme e buona Pasqua.

Commenti

  1. Molto interessante... cari saluti
    G. D. B.

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  2. Bravo Piero,ricordo benissimo quando mia madre andava alla jumarella. Quando passo dalla jumarella, ho i ricordi indelebili della lussia e i panni tesi ad asciugare. Mentre giocavo con l'acqua.

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  3. Racconto bello e puntuale nei dettagli.
    Buona domenica delle Palme.

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  4. Ringraziandoti di cuore per tutto quello che fai auguro a te e famiglia una buona serata ed una serena Pasqua.
    F. A.

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  5. Il ruolo della donna era quello di fatigare🌺
    Claudia D. L.

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  6. Notevole ... anche mia suocera mi racconta di questi lavori . Mi viene in mente anche la poesia di Pascoli, più attenta ai suoni delle parole: lo sciabordare delle lavandare, con tonfi spessi e lunghe cantilene ...

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